TORINO - Analizzando con il senno del poi il nuovo stop di Gleison Bremer, sempre allo stesso ginocchio, è impossibile non tornare indietro con la mente a quella sera del 20 settembre, poco meno di un mese fa. Le luci del Bentegodi erano ancora accese e chi era rimasto in panchina o aveva giocato poco nell’1-1 con il Verona si era allenato a partita finita: qualche allungo, un po’ di movimento, sotto gli occhi dei pochi ancora rimasti sugli spalti. Ma c’era comunque qualcuno ad assistere alla scena, che sul momento aveva spaventato qualche tifoso, lesto a immortalarla con il telefono attraverso video e foto: Bremer va giù a terra e viene circondato da diversi membri dello staff bianconero e pure da Kostic, che osserva.
Il panico post Verona
Sul momento, un po’ di panico comincia a serpeggiare nella maniera più veloce possibile, cioè via social, prima dell’intervento diretto del club a gettare acqua sul fuoco, derubricando a falso allarme quanto accaduto per evitare di sollevare polveroni. Missione riuscita, anche perché una settimana dopo il centrale brasiliano era stato schierato da titolare nella partita casalinga con l’Atalanta: 76 minuti in campo, il 27 settembre, poi Bremer esce dal campo per infortunio e poi dai radar, saltando i match con Villarreal in Champions e con il Milan in campionato.
Bremer, gestione rischiosa
Al netto di quello che si può pensare sulla serata di Verona e sul fatto che possa essere stato sottovalutato o meno qualche problema, è difficile non riflettere sulla possibilità che la gestione di Bremer abbia rappresentato un rischio: facile con il senno di poi lasciarsi andare a questo tipo di analisi, certo, ma che la situazione del centrale brasiliano fosse da amministrare con la massima prudenza, considerando l’importanza del giocatore all’interno della squadra e la gravità dell’infortunio a oltre un anno dalla rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro.
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