Arrivare. E cambiare. Ma non da aggiustatore, semmai da normalizzatore. Nel tumulto degli spogliatoi, Luciano Spalletti è l'uomo che porta spesso la pace, salvo andare allo scontro se qualcosa s'incastra tra sé e la squadra. Che è sacra. Che è il primo pensiero al mattino e l'ultimo, mentre si prepara per il giorno successivo. E allora, com'è che si è imposto Lucio in questo gruppo? Con la forza delle parole. Sperando con ogni parte della sua arguzia di aver trovato quelle giuste. Regole ferree no, non stavolta. Anche perché «sono ordinatissimi - spiega -, una formazione fatta di ragazzi che si impegnano e lavorano».
"Juve, il buonsenso..."
Rovesciare i dogmi precedenti non sarebbe stata una novità, comunque. Anche all'interno della sua autobiografia, Lucio spiega come e quanto dare una direzione ai calciatori sia fondamentale per arrivare lì dove tutti hanno l'ambizione di arrivare. Ma vincere è per una sola, e a provarci ci sono tutti. Serve distinguersi, allora. E la disciplina è il primo passo per non inciampare tra i propri desideri: per questo una strada tracciata è sempre meglio di camminare alla rinfusa. «In un primo momento, quando ho cominciato e facevo queste regole, ho capito che loro scoprono subito l'inganno. Ed è successo che sono stato preso in giro. La regola migliore è sempre il buonsenso». E il buonsenso è proprio quel che ha portato tra i bianconeri, restando su situazioni molto basiche. La prima: niente telefono a orario pasti, perché se si sta insieme lo si fa bene, parlandosi e spiegandosi, ancor di più adesso che conoscersi si fa fondamentale.
