Pagina 2 | “Il ricorso di Giraudo può ribaltare Calciopoli”

TORINO - Se il ricorso di Antonio Giraudo dovesse essere accolto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, una poderosa spallata si abbatterebbe su Calciopoli così come la conosciamo. Ovvero quella ingarbugliata matassa di processi e sentenze che hanno, seppure in modo controverso, condannato la Juventus e la sua dirigenza di allora, ai cui vertici c’erano Giraudo e Luciano Moggi. Tutto andrebbe rivisto perché il ricorso punta al processo sportivo, da cui iniziò tutto.

Quel processo, sostiene Giraudo che viene difeso dagli avvocati Jean Louis Dupont (sì, quello della legge Bosman) e dal torinese Amedeo Rosboch, venne celebrato troppo in fretta, senza il dovuto diritto alla difesa, in un iter che ha visto accusa e organi giudicanti nominati dalla stessa Figc, tutto in violazione dell’articolo 6 della Convenzione che riguarda il giusto processo. Nella frettolosa estate di Calciopoli, la cosiddetta giustizia sportiva diede «solamente 7 giorni per predisporre le difese, lasso di tempo insufficiente anche solo per la semplice lettura di un fascicolo di oltre 7.000 pagine». E, più in generale, il ricorso fa riferimento al fatto che a una federazione sportiva sia stata permessa «la creazione di giurisdizioni disciplinari non precostituite per legge» e che c’era una stortura giuridica derivante dal fatto che sia l’accusa (il procuratore federale Palazzi) che le varie commissioni giudicanti dipendevano entrambe dall’organo esecutivo della federazione. Non solo, anche la durata del processo presso la giustizia ordinaria (13 anni) viene messa sotto accusa davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dal ricorso di Giraudo.

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E, infine, nel mirino c’è un aspetto della legge 280 del 2003 che dà piena autonomia alle giurisdizioni disciplinari sportive, ma anche in quella autonomia debbono essere rispettati i diritti fondamentali che sono immanenti anche agli ordinamenti autonomi come quello sportivo e quindi non possono essere violati in nome dell’autonomia o della specificità. Quindi anche nelle giurisdizioni disciplinari sportive deve valere il principio del giusto processo.

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E, infine, nel mirino c’è un aspetto della legge 280 del 2003 che dà piena autonomia alle giurisdizioni disciplinari sportive, ma anche in quella autonomia debbono essere rispettati i diritti fondamentali che sono immanenti anche agli ordinamenti autonomi come quello sportivo e quindi non possono essere violati in nome dell’autonomia o della specificità. Quindi anche nelle giurisdizioni disciplinari sportive deve valere il principio del giusto processo.

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