Sulla (presunta) solitudine del portiere hanno filosofeggiato grandi scrittori: il libro omonimo è di Antonio Campa, Stefano Benni ha detto la sua, Eduardo Galeano sosteneva che «il portiere è un solitario, condannato a guardare la partita da lontano, senza muoversi dalla porta attende in solitudine, fra i tre pali, la sua fucilazione». Luis Sepulveda portò all'attenzione generale la figura del ruolo come «riflessiva e silenziosa» mentre Umberto Saba, tifoso della Triestina, nella poesia Goal parte proprio da «Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l’amara luce».
Provedel, il sogno Champions League
E poi arriva Ivan Provedel, colui che in porta non riesce proprio a starci. Già da ragazzino, quando il suo primo sogno era giocare in Champions League da attaccante. Per riuscirci, quella porta ha dovuto difenderla, ma anche lasciarla nel cercar disperata gloria l'altra sera all'Olimpico nella partita "da impazzire" dove con uno stacco degno di un numero 9 da Nazionale ha dato alla Lazio un punto pesantissimo anche perché ormai insperato con l'Atletico Madrid. Per lui che c'era già riuscito il 7 febbraio 2020 con la maglia della Juve Stabia sul campo dell'Ascoli probabilmente era tutto scritto. Di madre russa, i nonni di Ivan (nome che rimanda chiaramente alle origini) erano vicini di casa del grandissimo Lev Jashin, unico portiere a vincere il Pallone d'Oro.