INVIATO A CARNAGO - Prendendo in considerazione le ultime dieci giornate di campionato, Milan-Cesena sarebbe uno scontro diretto per la salvezza. La squadra di Inzaghi, di punti ne ha sommati nove - tre dei quali contro il derelitto Parma - come Atalanta e Cagliari, il Cesena otto, e i gialloblù (sull'orlo del fallimento societario) appena cinque. Un Milan che, nel 2015, - fatta eccezione per la vittoria sulla banda Donadoni e quella in coppa sui panchinari del Sassuolo - ha perso a San Siro con Sassuolo, Atalanta, Lazio in Coppa Italia e pareggiato - venendo dominato nel gioco - con l'Empoli. Considerato che nel calcio i risultati sono tutto, non bisogna essere laureati al Supercorso di Coverciano per capire come per Filippo Inzaghi sia ormai suonata la campanella dell'ultimo giro. La squadra non ha identità, corre poco e male e, anziché migliorare nei mesi, ha imboccato una fase involutiva che pare non avere fine. In questo quadro - desolante - soltanto la curva difende (ma fino a quando?) ancora l'allenatore: San Siro si è svuotato e la depressione ha raggiunto livelli inimmaginabili. Difficile, nonostante le pubbliche rassicurazioni da parte di Berlusconi e Galliani, che un nuovo testa-coda non possa che sfociare in un dolorosissimo esonero. Pippo però, dopo tutto, resta uno di famiglia: per questo motivo tutti a Casa Milan si augurano che non si verifichi quella "catastrofe biblica" considerata da Berlusconi e Galliani come condizione inevitabile per mettere in panchina Mauro Tassotti come traghettatore fino al termine della stagione. Ci siamo però molto vicini alla catastrofe, dato che sarebbe difficile che il popolo tifoso digerisca l'ennesimo flop senza contestare duramente società, squadra e allenatore.
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