Anche se quel primo periodo berlusconiano fu reso indimenticabile. Gli elicotteri del raduno all’Arena che, secondo gli invidiosi, sarebbero serviti alla squadra per fuggire al termine della stagione. La scelta di Sacchi, capace di stregare l’uomo di Arcore vincendo con il suo Parma a San Siro e di costruire la Squadra Perfetta che stupì il mondo e sul tetto del mondo salì. Lo scudetto ’88, vinto in rimonta sul Napoli maradoniano. I 90 mila milanisti in delirio al Camp Nou sotto gli occhi esterrefatti di Valentin Ceausescu circondato da venti guardie del corpo tutte uguali, scarpe bianche, impermeabili grigi, sguardo in tralice. La volta che i rossoneri pareggiarono al Bernabeu, inchiodando il Real sull’1-1, ma mettendolo per 24 volte in fuorigioco. A Sacchi che, dopo la partita, vide comunque immusonito, Silvio disse: “Ma Arrigo, mi spiega come mai non è contento? Si rende conto della partita che abbiamo fatto?”. E Arrigo: “Sì, presidente, ma al 21’ del primo tempo Van Basten non ha fatto la diagonale che voleva io”. E l'altro: "Ah, ecco, ora capisco". E scoppiò a ridere.
Borghi, l'Argentinos Juniors, l'Old Trafford e Sacchi
E quando, quarantotto ore dopo lo scudetto, dopo la festa a San Siro con i tifosi pazzi di gioia, venne l’alba del 17 maggio ’88, soltanto Arrigo poteva organizzare un blitz a Manchester come organizzò quel blitz. Partenza alle 7 dalia pista Ata di Linate, sbarco nella città di Sir Bobby Charlton che venne all’aeroporto ad accogliere i neo Campioni d’Italia, partita all’Old Trafford davanti agli esterrefatti, incantat inglesi che, alla fine, si alzarono n piedi per applaudire la squadra italiana, capace di imporsi per 3-2. Un flipper, un magico flipper: ecco che cos’era quel Milan sacchiano e poi capelliano benedetto dall’uomo che, insediandosi in Via Turati aveva annunciato: “Diventeremo la squadra più forte del mondo”. Bum, dissero frustrati e invidiosi, salvo doversi inchinare quando la “mission”, così la chiamava Silvio concedendosi il narcisismo vezzo anglofilo quando l’invasione lessicale d’Oltremanica era ancora molto di là da venire. La partita di Manchester fu organizzata anche per provare Claudio Borghi, di cui Berlusconi si era calcisticamente innamorato vedendolo in azione con l’Argentinos Juniors nella finale dell’Intercontinentale vinta dalla Juve ai rigori con uno strepitoso e decisivo Platini. Borghi all’Old Trafford fu meraviglioso: segnò due gol in otto minuti, dettò un assist, fece la rabona, uscì fra l’ovazione del pubblico. In nottata rientrammo a Milano dall’Inghilterra. Il giorno dopo, a Milanello, Berlusconi era euforico. Incrociando Sacchi, sbottò: “Arrigo,visto che Borghi?”. E Arrigo, gelido: “Sì, bella partita. Ma io voglio Rijkaard”.
Braida spinse per Van Basten su Rush
Fu così che Braida volò a Lisbona per prendere Frank, facendogli stracciare il contratto con lo Sporting e scatenando una grana internazionale. Borghi, invece, finì malinconicamente in prestito al Como. Braida, che quando Silvio voleva prendere Rush, gli disse: “Presidente, dia retta: Van Basten è meglio”. E il MIlan prese Van Basten. Perché Berlusconi presidente del Milan era così: “Se gli altri sono concavi, io mi faccio convesso; se diventano convessi, io mi faccio concavo”. Quando poteva, atterrava a Millanello anche due volte al giorno e Antore Peloso, leggendario direttore del centro sportivo, cominciava simpaticamente a sudare freddo perché ogni volta il Dottore ne aveva una: “Via quelle piante dal salone del caminetto, ritinteggiate le pareti di rosso e nero e vogliamo parlare della ghiaia sul piazzale? Ce n’è troppa, dai”.