Silvio Berlusconi, ho visto un re in una Repubblica

L’abbiamo visto tutti e, al contrario di quello del milanista Jannacci, non piangeva, anzi sorrideva sempre. Ha aggiunto alla bacheca del Milan 29 trofei, tutti gli altri presidenti messi insieme arrivano a 20 e nessuno sarà mai in grado di eguagliarlo

Ho visto un re. Anzi l’abbiamo visto tutti e, al contrario di quello del milanista Jannacci, non piangeva, anzi sorrideva sempre. Un re che ha regnato in una repubblica, cambiandone le regole del gioco, a partire da quelle del giuoco più popolare di tutti. C’è un prima e un dopo Silvio Berlusconi nel calcio italiano e mondiale, c’è un’epoca storica segnata profondamente dalla sua rivoluzione, che ha sradicato idee durate mezzo secolo prima del suo arrivo, anzi della sua discesa in campo. La trasformazione del calcio nell’attuale spettacolo televisivo è frutto di un suo progetto, pianifi cato nei minimi dettagli. Ridacchiavano di quegli elicotteri, atterrati sul prato dell’Arena, depositando il suo primo vero Milan con la Cavalcata delle Valchirie sparata dagli altoparlanti. Oggi si organizzano presentazioni anche più pompose per i nuovi acquisti (compresi i carneadi) in stadi addobbati a festa o in diretta streaming mondiale. Lui l’ha fatto prima. Dopo l’inizio stentato, erano tutti molto perplessi della sua tenace conferma di Arrigo Sacchi, l’uomo che ha ribaltato il calcio europeo e, senza il quale, oggi non ci sarebbero Pep Guardiola e i suoi adepti. Si scandalizzavano per l’approccio aggressivo al calciomercato, con il quale Berlusconi, in quelle circostanze quanto mai “Berlusca”, squassò le trattative offrendo il triplo e costruendo rose all star per stravincere tutto e subito, esattamente come oggi fanno gli sceicchi della Premier e del Psg (anzi ci provano, a conferma del fatto che non basta essere ricchi e neppure straricchi). Era avanti di trent’anni, lo capiamo ora: perché, tra il 1986 e il 1990, Berlusconi ha gettato le basi del calcio che viviamo oggi. Come molti altri modelli del regno di Silvio, può piacere o non piacere, ma si è rivelato il modello vincente. O, quantomeno, il meteorite che ha estinto i dinosauri. Se non altro perché ha vinto, altro dato oggettivo dal quale non può prescindere nessuna analisi del Berlusconi imprenditore calcistico, anche la più critica. Ha vinto tutto e più volte, in modo trionfante, a volte schiacciante, magari esagerato, tracotante, perfi no volgare, ma ha vinto, che nello sport non è, e non sarà mai, un dettaglio.

Ha creato dalle ceneri di un fallimento il mito sportivo del Milan

In un trentennio ha creato dalle ceneri di un fallimento il mito sportivo del Milan, facendo del club una leggenda del calcio, come neanche Rizzoli o Carraro erano riusciti nei gloriosi Sessanta. Ha aggiunto alla bacheca 29 trofei, tutti gli altri presidenti messi insieme arrivano a 20 e nessuno sarà mai in grado di eguagliarlo: Berlusconi ha alzato troppo in alto l’asticella. Si è perfino tolto lo sfizio di scrivere la favola della promozione e del brillante campionato del Monza, appendice romantica dell’epopea rossonera.

Berlusconi ha riscritto le regole del gioco

Abbiamo visto un re che, su quei trionfi, ha costruito un potere politico in grado di diventare uno dei pilastri della Seconda Repubblica, edificata sulle macerie lasciate da Tangentopoli. E, anche in questo caso, Berlusconi ha riscritto le regole del gioco, trasformando la sua persona in partito e arrivando a un livello di personalizzazione della politica che solo i re - appunto - riescono a raggiungere. La stagione del berlusconismo lascia pochissime tracce ideologiche o eredità politico-culturali, se non la personale filosofia di vita di Berlusconi stesso, con annessi e connessi, non tutti edifi canti. Ma la morte fa tutti più buoni e la Storia ha tempi più lunghi per trarre i suoi giudizi, troppo fresca questa materia per stilare bilanci definitivi. Oggi saremmo condizionati dalla distorsione data dall’essere troppo vicini a ciò che si vuole giudicare, quindi inevitabilmente parziali. La sentenza dei posteri non sarà ardua né facile, ma semplicemente più lucida della nostra, che il re l’abbiamo visto e vissuto, amato o odiato, come succede ai re. Non possiamo, però, non notare che, esattamente come accaduto nel calcio, l’approccio di Berlusconi alla politica abbia tracciato un sentiero e, nel bene e nel male, hanno finito per camminarci tutti, seguendo quel modello in cui la comunicazione è diventata sostanza.

Berlusconi, la storia del Milan ne conserverà l’immenso e glorioso lascito

Abbiamo visto un re, ne abbiamo parlato molto e ne parleremo per molto altro tempo ancora, le nuove generazioni ne studieranno il nome, la storia del Milan ne conserverà l’immenso e glorioso lascito, lo stadio del Milan - se mai ce ne sarà uno - potrebbe anche avere il suo nome. Sì, ci sarebbe da discutere, ma non sarebbe un’ipotesi scandalosa, anzi.

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