MILANO - Sembrava impossibile che Zlatan Ibrahimovic potesse finire nelle mire dei processi pubblici, specie da parte dei tifosi che lo hanno sempre idolatrato, ma dentro il clima di scontento che si vive attorno al Milan c’è finito pure lui. Non è un atto di lesa maestà, sia chiaro, perché anche un’icona come Paolo Maldini non è stato risparmiato dalle critiche ed è il prezzo da pagare quando si passa dall’essere un leader dello spogliatoio a diventare il dirigente di riferimento dell’area sportiva del Milan. Zlatan, da critica e tifosi, è visto come l’incarnazione delle scelte estive sul mercato, in particolar modo sulla questione legata all’allenatore, dove tutti si sarebbero aspettati una scelta diversa rispetto a Paulo Fonseca, specie nell’estate in cui erano sul mercato Antonio Conte, Roberto De Zerbi e Sergio Conceiçao, ovvero profili che in diverse gradazioni, avrebbero ridato entusiasmo alla piazza rossonera, che ancora sente la profondità della ferita dello scudetto numero 20 vinto dall’Inter nel derby dello scorso aprile. E va osservato come Ibrahimovic, tra post criptici, escursioni in montagna con Ambrosini e relative gag social, assenza più o meno costante da Milanello nel seguire il lavoro della squadra (la presenza di due giorni fa non inganni), non abbia osservato il decalogo del buon dirigente di una società di calcio di alto livello. Anche alcune uscite nelle interviste, dopo il primo effetto wow, sono state rianalizzate e non si addicono ad un elemento importante di una società come il Milan. Insomma, parole da Ibra giocatore e non da Ibra dirigente.
C'è bisogno di Ibra
La squadra ha bisogno della sua presenza fissa e quotidiana a Milanello, perché i calciatori vanno ascoltati, curati, indirizzati, strigliati e coccolati. La presenza al campo è fondamentale, quanto accaduto con Pioli lo scorso anno ne è la testimonianza tangibile. Perché per lasciare soli calciatori e staff, c’è bisogno di una guida forte a livello carismatico, che sappia occuparsi da solo di tutti gli ambiti dentro il centro sportivo e dentro le dinamiche della squadra. Non è un caso che Il Milan scudettato avesse Maldini e Massara sempre presenti a Milanello, il Napoli avesse Giuntoli in appoggio a Spalletti mentre l’Inter ha nel trio Marotta-Ausilio-Baccin delle figure ritenute forti e autorevoli dai propri giocatori. E infatti è la società più competitiva del nostro calcio da anni. Serve presenza positiva che crei quella tensione benevola che stimoli i giocatori e l’ambiente, anche perché dopo il pareggio contro il Torino e la sconfitta con il Parma, le perplessità estive dei tifosi sul mercato si sono rivolte anche (o soprattutto?) verso Zlatan, che veniva visto come il garante di un progetto vincente e che, invece, è partito sotto i peggiori auspici. Dunque, servirà un Ibra… meno “Ibra” davanti alle telecamere e un Ibra più dirigente sportivo dentro il cammino quotidiano della squadra, anche per prevenire certi nervosismi come quello di Leao a Parma. Un’evoluzione lavorativa importante, uno switch fondamentale al quale saranno chiamati sia Ibrahimovic sia Fonseca e i suoi giocatori a partire da sabato sera, nella partita contro la Lazio. Una non vittoria scatenerebbe ulteriormente l’ira dei tifosi, con il Milan che rischia di perdere la sua forza reale, ovvero il pubblico. A Roma, oltre a Morata che prosegue le terapie, non ci dovrebbe essere Thiaw che ha subito una lieve distorsione alla caviglia. Tomori-Pavlovic verso la conferma da titolari e prima dall’inizio in arrivo per Fofana.