C’è un claim molto in voga nel mondo rossonero che è stato usato anche per il lancio di una delle tre divise di questa stagione che è “Milanismo”. Un neologismo che rispecchia in tutto e per tutto Davide Calabria, ovvero il capitano del Milan. Un giocatore cresciuto nel vivaio rossonero, che ha saputo prendersi la fiducia di tutti gli allenatori con una grande serietà nel lavoro quotidiano e mai un atteggiamento fuori posto, anche nei momenti più difficili, fino ad arrivare a prendersi i gradi di capitano dopo l’addio, a parametro zero, di Alessio Romagnoli. Negli ultimi mesi, Calabria è diventato il nuovo capro espiatorio per ogni cosa negativa accada al Milan e i fischi di San Siro contro il Torino sono stati molto sgradevoli. Lui non ha fatto alcun cenno, non ha avuto alcuna reazione, ma adesso si trova davanti ad una situazione per certi versi paradossale. In estate il club ha preso un nuovo terzino destro, ovvero Emerson Royal, che deve ancora ambientarsi bene e che dovrà dimostrare sul campo di essere superiore al compagno di reparto e giustificare la cifra spesa dal Milan per prelevarlo dal Tottenham. Questo arrivo, inevitabilmente, ha minato la titolarità di Calabria, che è molto stimolato da questa nuova concorrenza, ma allo stesso tempo attende dei segnali da parte del club per la ridiscussione del suo contratto, che va in scadenza il 30 giugno 2025. Non hanno trovato riscontro le indiscrezioni secondo le quali avrebbe chiesto 4 milioni per rinnovare. La realtà dei fatti è che Calabria, da ragazzo intelligente qual è, sa bene di essere reduce da una stagione – la 23-24 – non positiva e la sua richiesta sarebbe quella di un lieve aumento d’ingaggio per passare dai 2 milioni attuali a quasi 2.5 di base fissa.
La posizione del Milan
Dal Milan, fino a questo momento, non c’è stata una grande apertura verso l’adeguamento, ma sarebbe una brutta immagine se il club tirasse la corda e perdesse, a parametro zero, il suo capitano. Che poi è uno degli ultimi italiani rimasti dentro lo spogliatoio, uno degli ultimi a sapere cosa voglia dire essere milanisti davvero e che è cresciuto con quei valori “da Milan” che oggi non si sentono più dentro l’ambiente rossonero. Lui, Gabbia e Florenzi sono elementi fondamentali per lo spogliatoio per far capire cosa vogliano dire certe dinamiche a giocatori che, arrivano da fuori, non le comprendono (e forse mai le comprenderanno del tutto se non iniziano a parlare in italiano e a pensare in italiano). Nel corso delle settimane a venire, l’entourage del capitano rossonero e la dirigenza dovranno, per forza di cose, riaggiornarsi e capire se vi saranno o meno i margini e la volontà di proseguire insieme. Intanto Davide si è già rimesso in discussione a Milanello, lavorando sodo come ha sempre fatto fin da quando mamma Caterina e papà Battista facevano la spola da Brescia per portarlo agli allenamenti al Vismara. Chissà che il campo non gli dia ragione ancora una volta. Le sfide gli sono sempre piaciute, adesso gli toccherà anche questa.