MILANO - Partiamo da una notizia, ovvero il silenzio che pervade i piani alti del Milan dal fischio finale della partita di Firenze sull’argomento Paulo Fonseca. È un silenzio che può voler dire tante cose, ma la sensazione è che sia un mutismo di conferma dell’allenatore portoghese, che dopo la fiammata del derby vinto, è tornato al centro della critica per le prestazioni del suo Milan sia in Champions League contro il Bayer Leverkusen sia contro la Fiorentina. È una situazione molto complicata, perché la squadra va troppo spesso a intermittenza senza trovare quella continuità che servirebbe per poter essere competitiva ad alti livelli. Sono quattro le sconfitte inanellate dal Milan nei primi due stint di stagione, due in campionato - Parma e Fiorentina - e due in Champions League contro Liverpool e Leverkusen dove l’assenza di un’identità di squadra si è vista in maniera fin troppo palese. Il calcio che ha in mente Fonseca è lontano da quello che il Milan mette in campo, ma al Milan non puoi pretendere di avere lo stesso tempo che si può avere in una piazza con meno pressioni.
Fonseca sbotta: "Rigori? Un circo"
Milan, effetto derby svanito
La mano dell’allenatore non si vede e l’effetto derby è già svanito, con la piazza che è tornata a mugugnare pesantemente. In poche parole, l’ambiente Milan non ha fiducia nella scelta di Fonseca e in quello che l’allenatore portoghese sta cercando di fare, ma il problema è che anche la squadra stessa sta faticando a mettere in pratica le richieste del proprio allenatore. Quasi che non creda alla proposta di gioco che dovrebbe applicare. In più, il nuovo caso di insubordinazione legata alla querelle rigoristi ha rappresentato una picconata pesante all’autorità del coach ex Lille. Che dopo la partita, nello spogliatoio, ha voluto chiarire che certe cose non saranno più tollerate, ma il problema è che non sarebbero dovute accadere prima. Probabilmente la storia di Fiorentina-Milan sarebbe cambiata se dal dischetto si fosse presentato Pulisic e non due giocatori in evidente stato mentale non positivo come Theo Hernandez e Abraham, ipnotizzati con estrema facilità da De Gea.