MILANO - In questi casi, niente parla meglio della classifica: Napoli 26; Atalanta, Fiorentina, Inter e Lazio 25; Juventus 24; Milan e Bologna 18. Calcolatrice alla mano, i rossoneri di Paulo Fonseca - al netto della gara in meno da recuperare (a febbraio?) proprio con gli emiliani di Italiano - si trovano dopo sole dodici giornate già a meno 7 dalla zona Champions. Una distanza importante. È vero, senza l’asterisco e ipotizzando un successo al Dall’Ara - ma mai dare per scontate queste cose e il Milan lo sa bene, vedi l'esito del campionato 2021-22 -, Leao e compagni potrebbero ritrovarsi a 4 lunghezze dalla Champions. Però oggi questo ragionamento non si può fare e, anzi, bisogna tenere presente proprio quel meno 7 e il fatto che sabato 23 novembre alla ripresa dei giochi il Milan ospiterà la Juventus in quella che già oggi ha delle sembianze vicinissime a una sfida da dentro-fuori per un futuro nell’Europa che conta. Contro i bianconeri il Milan non potrà fallire. I tre punti saranno vitali, perché in caso di pareggio o di ko, è altissimo il rischio di ritrovarsi a fine novembre già fuori, o quasi, dai giochi per un posto nella Champions 2025-26. Con tutto quello che ne consegue, a livello ambientale, di ambizioni e, soprattutto, economico.
Che succede in caso di ko con la Juve
Se il Milan dovesse perdere con la Juventus, la distanza dalla zona Champions, considerando anche gli impegni delle altre contendenti (Verona-Inter, Parma-Atalanta, Como-Fiorentina, Lazio-Bologna e Napoli-Roma), potrebbe passare in doppia cifra, a 10 punti. E pensare che la squadra di Fonseca ha pure vinto il derby e, nonostante ciò, si trova a 7 punti di distanza dall'Inter di Inzaghi. A conferma, riprendendo il teorema del tecnico portoghese, che per il Diavolo sia «più difficile giocare con Monza e Cagliari che a Madrid con il Real». Il 3-3 di sabato in Sardegna ha dimostrato come questo Milan, così scostante e discontinuo, sbilanciato in avanti e indifeso dietro, non possa competere oggi con le altre rivali per la zona Champions. O per lo meno, può farlo nella singola partita, così come accaduto contro l'Inter, ma non sul lungo periodo. Un Milan da "classica" e non da "corsa a tappe", quindi. Per andare in Champions e portarsi a casa i milioni - almeno 40 - per la partecipazione, però, serve altro. Fonseca deve riuscire a cambiare pelle alla sua squadra. O far fare un "clic" ai suoi giocatori quando passano dall'Europa alle paludose vie della Serie A, dove su qualsiasi campo si trovano squadre preparate tatticamente, pronte a disinnescare i punti di forza delle big e sfruttarne al massimo i difetti.
I difetti del Milan
E questo Milan di difetti ne ha tanti. La fase difensiva della squadra e le disattenzioni dei singoli sono in cima alla lista dei punti su cui lavorare. Il Milan ha incassato un sacco di gol su azioni simili, con cross o passaggi provenienti dalla sua fascia destra e finalizzati in area dagli inserimenti di attaccanti e centrocampisti o dai tagli dalla fascia opposta, con Theo Hernandez spesso protagonista in negativo. Già con Pioli la squadra era spesso sbilanciata, però con l'ex tecnico i rossoneri difendevo uomo su uomo e dunque se un giocatore si dimenticava di difendere, nascevano i problemi. Ora è l'intero impianto a non muoversi nel modo corretto e le voragini si aprono ugualmente. Serve intervenire, perché, piaccia o meno a Fonseca, in Serie A da sempre vince chi prende meno gol. E senza una buona difesa, la ricorsa a un posto Champions e ai suoi milioni resta un Himalaya da scalare. Il Milan questo non può permetterselo, in particolare già a fine novembre.
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