Una storia dentro la storia. Un filo rossonero che parte dal 1899 e che arriva fino ai giorni nostri, che lega passato e presente con tutte le sue declinazioni. Il 16 dicembre 1899 veniva fondato il Milan Football & Cricket Club all’Hotel du Nord et des Anglais da appassionati inglesi, tra cui Herbert Kilpin che ieri è stato traslato ufficialmente al Famedio del cimitero monumentale di Milano, e italiani. Ecco, tra loro tra i pochi italiani vi era Antonio Dubini, che indossò anche la maglia del Milan e che ha fatto entrare, come forse ovvio che sia, i colori rossoneri dentro il proprio albero genealogico. Oggi il pronipote di Antonio Dubini, Federico, è uno dei soci che ha investito in RedBird per l’acquisizione del Milan. Ventinove anni, tre aziende e due exit. Vive tra Los Angeles e Palo Alto, dove gestisce Enea, un fondo che riunisce imprenditori di successo con l’obiettivo di mettere la loro esperienza al servizio dei giovani, sostenendo aziende impegnate nella risoluzione dei problemi più critici di interesse nazionale.
Insomma, uno che sa cosa voglia dire creare valore ma che non ha saputo resistere al richiamo della sua grande passione, ovvero il Milan. «È un grande onore e quando si ha una tradizione così importante, diventa un dovere portarla avanti. Ho trovato molto particolare anche la coincidenza storica: una proprietà straniera, in questo caso americana, con anche una rappresentanza italiana, milanese esattamente come quando è stato fondato il Milan» esordisce quando lo incontriamo: «Quando si parla di fede bisogna capire che c’è un concetto più ampio. Per me, il Milan rappresenta i valori della città di Milano, il valore di un’Italia che vince nel mondo, valori che il Milan ha saputo trasportare attraverso i confini. Come famiglia siamo tutti molto uniti e anche “nonno” Antonio, pur essendo il bisnonno di mio papà, è sempre una figura importante».
L'investimento
Il Milan, a livello globale, è un brand estremamente riconosciuto e Dubini ci racconta del perché ha sottoscritto personalmente l’investimento con RedBird nel progetto di acquisizione del club milanista: «C’è più lato emotivo che imprenditoriale. Non c’è obbiettivo più bello di riuscire a re-investire i frutti delle proprie fatiche in ricostruire parte della propria storia con impegno e duro lavoro. In America essere proprietari di una squadra o di una franchigia è una sorta di onore». Costruire una squadra che vinca in maniera sostenibile richiede più impegno, ma vuol dire alimentarla per sempre, è questa la mission di RedBird e Dubini aggiunge: «Quando c’è stata l’opportunità di investire nel Milan, ho pensato che fosse necessaria una compagine con esperienza internazionale, comprensione del sistema americano, ma anche dal cuore italiano dentro gli investitori ed è il ragionamento che abbiamo fatto anche con Riccardo Silva. Poi l’ho visto come un modo per rimettere la mia famiglia dentro al Milan visto che non avevamo più una partecipazione diretta da generazioni, credo da prima della presidenza Berlusconi».
Federico Dubini spazia tra ricordi e attualità e si arriva a toccare un tasto fondamentale, ovvero la sfiducia della tifoseria verso il modello di gestione americano e qui lui spiega: «E’ un sistema completamente nuovo di gestire una società di calcio. È importante vedere a lungo termine e questo è un segnale di rispetto, con una programmazione che è diversa da chi fa l’acquisizione one shot. La volontà è quella di vincere, ma con una gestione organica e che discosta dalle proprietà straniere. Penso che ci siano state e ci saranno delle decisioni di pancia, di passione. Ma quello che si deve chiedere ai tifosi è quello di avere pazienza e di non guardare solo alla stretta attualità. Tutti si stanno impegnando per riportare il Milan alla vittoria che duri più a lungo possibile». Oggi Federico sarà a Milanello e domani a San Siro per Milan-Genoa. Dal 1899 al 2024, la dinastia Dubini torna dentro la storia milanista.