MILANO - Nella disastrosa prestazione di Zagabria, che ricalca per atteggiamento globale e prestazioni dei singoli quanto visto contro Juventus e Parma nelle ultime due di campionato, uno dei pochissimi a poter uscire con la coscienza pulita e a testa alta è il solito Christian Pulisic. Seppur nel primo tempo anche lui sia stato impalpabile, è nella seconda frazione di gioco che si è caricato il Milan sulle spalle, responsabilizzato ulteriormente da Sergio Conceiçao che, come Paulo Fonseca, ha visto in lui l’uomo con la maggior possibilità di alzare il suo rendimento dentro la gara. E il numero undici rossonero non si è fatto pregare, entrando in tutte le tele di gioco che il Milan ha provato a sviluppare dentro un secondo tempo in cui ha cercato di voltare pagina nonostante l’inferiorità numerica causata dall’ingenua – per esser buoni – espulsione per doppia ammonizione rimediata da Yunus Musah.
Milan, Pulisic predicatore nel deserto
Pulisic aveva trovato il gol del momentaneo 1-1, con un destro che sembrava senza grandi pretese ma che l’incerto Nevistic si faceva scivolare dalle mani. Un gol che sembrava avere l’effetto di una scossa elettrica sul Milan, che ha cercato sempre Pulisic come ispiratore delle possibili ripartenze, vista anche la luce spenta di Tijjani Reijnders. Dal fosforo di Pulisic sono nati un paio di palloni importanti per Leao, su uno dei quali c’è stato l’episodio del rigore prima dato e poi tolto con il Var ai rossoneri. Pulisic è stato un predicatore nel deserto, in un’altra serata tremendamente negativa a livello di prestazione e di risultato per il Milan, dove il suo quarto gol in questa edizione della Champions League, il dodicesimo in stagione, non è servito a nulla se non ai meri fini statistici con i rossoneri che si sono autocondannati ai play-off (sorteggio venerdì) e a dover continuare a giocare ogni tre giorni senza poter dare a Conceiçao delle settimane pulite per poter lavorare sulla squadra.