Chiarenza: “Palladino non vende fumo, sa come cambiare il Monza”

“Ha avuto maestri come Gasperini. Con la Juve non ha nulla da perdere”
Chiarenza: “Palladino non vende fumo, sa come cambiare il Monza”© acmonza

TORINO - L'ultimo incrocio in campo è storia del 2017, a pochi giorni da Natale, negli ottavi di finale della Coppa Italia. Da una parte la Juventus che già era di Allegri, dall'altra il Genoa di Raffaele Palladino, neo tecnico del Monza, allora però inteso ancora come calciatore. 
Lo sarebbe stato per un'altra quindicina di mesi, in seguito, prima di intraprendere la carriera da allenatore. Nelle vesti di attaccante ha sfidato i bianconeri sette volte, con le maglie del Livorno e del Parma, oltre che con il Grifone, ottenendo anche il lauto bottino personale di due reti. 
Ma soprattutto, da giocatore, Palladino nella Juventus è cresciuto. Un'esperienza da giovanissimo nell'allora Serie C1 con il Benevento, infatti, aveva indotto i bianconeri, nell'estate del 2003, a mettere le mani su quella ancora gracile seconda punta classe 1984, spedita in Primavera per un paio di stagioni a farsi le ossa. E a vincere, naturalmente. 
Era l'epoca degli squadroni allenati da Vincenzo Chiarenza, tecnico capace di trionfare per tre volte di fila al Torneo di Viareggio. Ecco: nei primi due casi anche, se non soprattutto, grazie ai gol dell'attaccante venuto da Mugnano di Napoli. Lo stesso che, al termine di una girandola di prestiti, avrebbe poi collezionato 57 presenze e 10 reti in prima squadra, tra la stagione in Serie B agli ordini di Deschamps e quella successiva con Ranieri. Anche se, più delle reti, nell'immaginario collettivo è rimasta immortalata quell'animata discussione in campo con Del Piero che, per anni, ha rischiato di dipingere in maniera errata la figura di Palladino. 
«Ma quale testa calda, quella fu una semplice incomprensione dettata dall'agonismo – la sentenza della sua guida nei primi due anni a Torino –. Io ricordo soltanto un ragazzo estremamente professionale, in campo e fuori dal campo: una qualità di cui non potrà che beneficiare anche oggi in panchina». 


 
Vincenzo Chiarenza, l'ha sorpresa la carriera da allenatore intrapresa da Palladino? 
 
«Per nulla, perché già ai tempi della Primavera giocava con la testa prima ancora che con i piedi. Non guardava mai la palla, ma teneva sempre lo sguardo alto. E aveva una profonda intelligenza calcistica: conosceva a fondo il modo di giocare della squadra e anticipava i movimenti dei compagni». 
 
Che ragazzo ricorda, a vent'anni di distanza da quell'esperienza condivisa in Primavera? 
 
«Un ragazzo maturo, nonostante la giovane età: mai sopra le righe, esemplare per il resto dello spogliatoio. L'ho seguito con affetto negli ultimi anni, merita tutto quello che sta ottenendo: mi auguro che possa rimanere sulla panchina del Monza fino al termine della stagione e centrare la salvezza». 
 
Intanto, all'esordio, sfiderà proprio la Juventus: sarà una partita speciale per lui? 
 
«Sicuramente vivrà un misto di emozioni, non soltanto per i suoi trascorsi in bianconero: la Juventus è la squadra per cui ha sempre coltivato un tifo viscerale, fin da bambino». 
 
Da allenatore ad allenatore: che partita si aspetta da parte del Monza di Palladino? 
 
«Raffaele ha avuto ottimi maestri in carriera, a partire da Gasperini: ora potrà trasferire alla sua squadra tutte le conoscenze assorbite da calciatore. E poi, al di là del momento difficile che stanno affrontando i bianconeri, all'esordio contro la Juventus non avrà davvero nulla da perdere». 
 
Come starà preparando, secondo lei, una sfida così? 
 
«Essendo al Monza da qualche anno conoscerà già bene l'ambiente e alcuni giocatori, ma il lavoro in questi casi è quasi esclusivamente sulla testa. Dovrà lavorare per evitare cali di tensione, ma nel farsi capire dallo spogliatoio non avrà problemi: Raffaele è uno di poche parole, ma incisive. Non ha mai venduto fumo, soltanto fatti». 
 
Che qualità si aspetta possa fare la differenza nella carriera di Palladino in panchina? 
 
«Ha sempre avuto una mente brillante, reattiva: questo è indispensabile per intuire, a gara in corso, quale mossa possa spostare gli equilibri di un match». 
 
In chiusura: a tanti anni di distanza dai suoi fasti, segue ancora le giovanili della Juventus? 
 
«Sì, anche se il calcio è cambiato tanto da allora. Ai miei tempi avevamo lanciato Palladino, ma anche i vari Marchisio, Giovinco, Criscito e decine di altri. Adesso per certi versi è più difficile, anche se la società mi sembra orientata sulla strada giusta: l’impiego in prima squadra di giovani come Miretti e Fagioli, che stanno dimostrando di meritare quel palcoscenico, lo testimonia».

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