Napoli, il capolavoro Giuntoli-Spalletti: giù gli ingaggi, talenti e gioco

Partenze eccellenti e arrivi mirati: si abbassano gli stipendi, crescono entusiasmo e disponibilità
Napoli, il capolavoro Giuntoli-Spalletti: giù gli ingaggi, talenti e gioco© FOTO MOSCA AG ALDO LIVERANI SAS

TORINO - C’è del metodo in questo trionfo. Potrà sembrare banale, invece non è scontato e dunque vale la pena ribadirlo: la memorabile prestazione che il Napoli ha srotolato contro il Liverpool non è un evento casuale, bensì la vetta di un percorso in cui le componenti tecniche (la guida in campo e i dirigenti incaricati del mercato) hanno lavorato di pari passo e con efficacia evidente. Adesso - casomai - la sfida sarà mantenerlo, quel livello, ma è una questione che affronteremo in coda e su cui Luciano Spalletti ha già cominciato a lavorare non appena la partita è passata dalla cronaca all’epopea del club.

La rivoluzione

E dire che l’estate del Napoli era cominciata tra foschi presagi e malumori diffusi a causa degli addii eccellenti che hanno sancito plasticamente la fine di un’epoca: capitan Insigne, Koulibaly, Meret, Ospina, Ghoulam, Fabian Ruiz. Le settimane successive, però, hanno chiarito come il Napoli fosse tutt’altro che impreparato e le mosse di mercato lo hanno confermato, magari al netto di qualche lungaggine nelle trattative come quelle per Kim Min-jae, Raspadori o Simeone. Altre, invece, sono state letteralmente sorprendenti e soprattutto coraggiose: paradigmatico, naturalmente, l’acquisto di Khvicha Kvaratskhelia. Il ds Giuntoli lo ha prelevato dal club georgiano del Dinamo Batumi per 10 milioni di euro e già la cifra, rapportata al rendimento e alle qualità, è un colpo. Al di là dei numeri, però, quella che è diventata l’operazione-vetrina del nuovo Napoli chiarisce bene come si siano mosse in sintonia le varie aree del club, perché è impossibile immaginare che Spalletti non abbia dato l’avallo a questo arrivo, così come non è credibile che non fosse al corrente dell’esigenza del club di abbassare gli ingaggi e di rinnovare conseguentemente la rosa. Il tecnico ha cominciato a lavorarci dall’anno scorso: gestendo gli addii senza che le tensioni si riverberassero (troppo) sulla squadra, lo stesso percorso virtuoso che è in atto in questa stagione là dove il mercato non ha raggiunto gli obiettivi sperati. Il caso emblematico è, ovviamente, quello del portiere: anche i sassi a Napoli sanno che Giuntoli ha cercato di arrivare a Navas del Psg per sostituire quel Meret che non era ritenuto pronto caratterialmente e non particolarmente adatto alla “costruzione dal basso”. Gli incastri, però, non sono andati al loro posto e così Spalletti ha cominciato un’opera di ricostruzione morale e tecnica del portiere azzurro: con dichiarazioni pubbliche che ne certificassero il valore e con accorgimenti sui movimenti dei difensori ora più attenti (prima non era raro assistere a qualche “nascondino”) ad aiutare il portiere nel gioco palla a terra. La rivoluzione ha prodotto gli effetti sperati dal punto di vista economico (in due anni il monte ingaggi è passato da 155 milioni a 75), ma anche (e forse soprattutto) dal punto di vista ambientale: senza passate incrostazioni, con una rosa rinnovata, più libera mentalmente e con una maggiore predisposizione a seguire i dettami del tecnico. Alcuni giocatori (come Zielinski) hanno pure ritrovato forma ed entusiasmo.

La continuità

Lascia un poco il tempo che trova, invece, il confronto con le cifre del Liverpool (una rosa che vale 833 milioni a fronte dei 446 degli azzurri, un monte ingaggi di 800 milioni a fronte dei 75 attuali sborsati da De Laurentiis) perché Klopp in questi ultimi 5 anni “qualcosina” l’ha combinata: 3 finali Champions (di cui una vinta), un Mondiale per club, una Premier strappata ai cannibali del Manchester City. Insomma: la continuità non si misura su una partita sola, per quanto strabiliante, e Spalletti lo sa bene. Ed è stato godibilissimo il modo in cui ha chiuso nello sgabuzzino gli entusiasmi nel post partita: «Non è stato il mio miglior Napoli, solo che in queste partite c’è l’attenzione di tutti. È un risultato importante, ma niente arroganza: abbiamo solo giocato bene a calcio. Domani mattina torniamo a lavorare: tutti i giorni bisogna allenarsi bene». Lo sa, eccome, che il rischio di Napoli è l’entusiasmo contagioso. Ma chissà che la rivoluziona di mercato non sia servita anche a isolare (almeno un poco) il gruppo da tutto questo. Perché il Napoli, spesso, nell’infinito amore della sua gente si è spesso adagiato e perduto.

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