“Il Napoli? Squadra ok, ma è mancata la guida”

L’analisi di Bianchi, il tecnico che ha firmato il primo scudetto in azzurro
“Il Napoli? Squadra ok, ma è mancata la guida”© ANSA

«Chi vince sabato tra Napoli e Atalanta può ancora puntare al quarto posto e a entrare in Champions League. Ci sono diversi scontri diretti e tutto resta possibile. A patto di fare i 3 punti in questa giornata. Per questo mi aspetto una bella partita, giocata a viso aperto da entrambe le squadre. La Dea sta meglio, ma gli azzurri devono finire bene la stagione. Il Napoli non può essere quello visto nella prima parte del campionato, dove è stato deficitario». Parola di Ottavio Bianchi. Un allenatore che alle pendici del Vesuvio ha scritto la storia, conquistando il primo storico Scudetto nel 1987 e alzando al cielo Coppa Italia (1987) e Coppa Uefa (1989). Indubbiamente il tecnico più vincente della storia della società partenopea, anche se pure ai bergamaschi resta legatissimo, visto che in nerazzurro ha giocato e allenato per 4 stagioni.

Si aspettava un’annata del genere dai Campioni d’Italia?

«Quella del Napoli è stata una caduta verticale. Di solito le squadre che non sono abituate a vincere hanno sempre faticato a ripetersi. Gestire il successo resta molto più difficile che arrivarci. L’ho vissuto anche io nell’88 dopo lo Scudetto vinto nel 1987 non riuscimmo a fare il bis. Certamente un conto è un calo e arrivare secondi, terzi o quarti, un altro è un crollo del genere…».

Che spiegazioni si è dato?

«Non c’è una causa precisa, le variabili sono tante: i troppi cambi di allenatori e l’appagamento di vari giocatori con la pancia piena e concentrati a discutere i rinnovi dei contratti…».

Senza dimenticare gli addii di alcuni pilastri…

«Indubbiamente perdere Spalletti e Giuntoli è stato un duro colpo: entrambi avevano lavorato benissimo e non sono stati sostituiti adeguatamente».

Per l’anno prossimo si parla di Conte. Sarebbe l’uomo giusto?

«Non saprei, Napoli è particolare. Il calcio è cultura, sentimento, sole e tempesta tutto insieme. La passione dei napoletani è straordinaria e non è paragonabile a nessun’altra piazza al mondo, lì il calcio è un fatto sociale. Lavorare a Napoli è diverso rispetto ad altre piazze, seppur di grande livello. Si va da un eccesso all’altro in pochi giorni. Non a caso anche Ancelotti non ha funzionato, eppure in giro per l’Europa non c’è nessuno più vincente di lui…».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

"Napoli, senza grandi giocatori non si vince"

Cosa serve al Napoli per tornare grande?

«Senza grandi giocatori non si vince. Non ho mai visto un tecnico bravo far vincere squadre scarse. Un buon allenatore fa rendere la squadre al massimo, uno pessimo al minimo».

Torniamo al Napoli di quest’anno: il problema era nel manico?

«Faccio un paragone motoristico. Il pilota buono arriva al traguardo, se è scarso non fa neanche 2 giri del gran premio e va fuori pista. Questo Napoli ha un telaio di prim’ordine, nonostante un po’ di pancia piena. Non ha trovato la guida adatta…».

Chi ce l’ha invece è l’Atalanta con Gasperini: merita una big?

«In linea generale indubbiamente si, però tra Gasp e Bergamo si è creato un binomio straordinario. Non so se altrove troverebbe una società disposta ad appoggiarlo e assecondarlo come in nerazzurro. E poi ormai l’Atalanta è una big del nostro calcio. Proprio grazie al lavoro di Gasperini la Dea non è più una provinciale, ma è all’altezza delle grandi pur cambiando diversi giocatori ogni anno grazie a una società solida che fa investimenti importanti e ottiene sempre ottimi risultati».

Dopo il boom dell’anno scorso Kvaratskhelia sta facendo fatica a ripetersi.

«A 22 anni è normale fare meno bene da un anno all’altro. Adesso viene spesso raddoppiato e triplicato nelle marcature. Ripetersi è sempre difficile, ma Kvara rimane l’elemento dal quale ripartire per ricostruire un grande Napoli. Il georgiano ha dimostrato di avere qualità e potenzialità da campione».

Tra Napoli e Nazionale sta faticando un giovane talento come Raspadori.

«Mi è sempre piaciuto. Ha doti importanti, ma il continuare a cambiare posizione non lo aiuta. Una volta lo mettono centravanti, un’altra esterno, a volte trequartista. Però non è un giovane: all’estero giocano titolari a 17 anni. Inutile girarci intorno: la realtà del nostro calcio è drammatica. A livello di talenti non produciamo più grandi giocatori, soprattutto numeri 9 e numeri 10. Gli ultimi 2 mondiali visti da casa certificano la crisi del nostro movimento».

Un giovane allenatore che le piace?

«Scelgo Thiago Motta: sta facendo un lavoro molto interessante. È stato un ottimo giocatore e ora si sta confermando a grandi livelli anche in panchina. Può fare una bella carriera».

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«Chi vince sabato tra Napoli e Atalanta può ancora puntare al quarto posto e a entrare in Champions League. Ci sono diversi scontri diretti e tutto resta possibile. A patto di fare i 3 punti in questa giornata. Per questo mi aspetto una bella partita, giocata a viso aperto da entrambe le squadre. La Dea sta meglio, ma gli azzurri devono finire bene la stagione. Il Napoli non può essere quello visto nella prima parte del campionato, dove è stato deficitario». Parola di Ottavio Bianchi. Un allenatore che alle pendici del Vesuvio ha scritto la storia, conquistando il primo storico Scudetto nel 1987 e alzando al cielo Coppa Italia (1987) e Coppa Uefa (1989). Indubbiamente il tecnico più vincente della storia della società partenopea, anche se pure ai bergamaschi resta legatissimo, visto che in nerazzurro ha giocato e allenato per 4 stagioni.

Si aspettava un’annata del genere dai Campioni d’Italia?

«Quella del Napoli è stata una caduta verticale. Di solito le squadre che non sono abituate a vincere hanno sempre faticato a ripetersi. Gestire il successo resta molto più difficile che arrivarci. L’ho vissuto anche io nell’88 dopo lo Scudetto vinto nel 1987 non riuscimmo a fare il bis. Certamente un conto è un calo e arrivare secondi, terzi o quarti, un altro è un crollo del genere…».

Che spiegazioni si è dato?

«Non c’è una causa precisa, le variabili sono tante: i troppi cambi di allenatori e l’appagamento di vari giocatori con la pancia piena e concentrati a discutere i rinnovi dei contratti…».

Senza dimenticare gli addii di alcuni pilastri…

«Indubbiamente perdere Spalletti e Giuntoli è stato un duro colpo: entrambi avevano lavorato benissimo e non sono stati sostituiti adeguatamente».

Per l’anno prossimo si parla di Conte. Sarebbe l’uomo giusto?

«Non saprei, Napoli è particolare. Il calcio è cultura, sentimento, sole e tempesta tutto insieme. La passione dei napoletani è straordinaria e non è paragonabile a nessun’altra piazza al mondo, lì il calcio è un fatto sociale. Lavorare a Napoli è diverso rispetto ad altre piazze, seppur di grande livello. Si va da un eccesso all’altro in pochi giorni. Non a caso anche Ancelotti non ha funzionato, eppure in giro per l’Europa non c’è nessuno più vincente di lui…».

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