Campo e non solo. Aurelio De Laurentiis a tutto spiano sul Napoli: il bilancio sui 20 anni di presidenza e gli investimenti in programma, in vista di un rilancio ulteriore del club anche a livello globale. In attesa di rivedere la squadra in campo, il patron dei partenopei ha parlato a margine di una conferenza stampa organizzata a Villa D'Angelo in occasione dell'ufficializzazione di una nuova partnership, quella con Sorgesana. Come spesso accade, le sue dichiarazioni sono destinate a creare dibattito. Tra i vari argomenti toccati spicca la volontà di acquistare lo stadio Maradona, ma non solo.
De Laurentiis: "Mai avuti debiti. E su Calciopoli..."
Così il patron dei partenopei De Laurentiis: "Il bilancio di questi 20 anni è ultra-positivo. Napoli veniva etichettata come ingovernabile: il calcio in città ha dimostrato il contrario, che qui si può e si deve lavorare. Il problema di un imprenditore che viene dal mondo dei contenuti, dove la creatività è sovrana dove devi trasformare le idee e industrializzarle, diventa una palestra che ti allena. Con grande stupore, quando io andai da Franco Carraro (all'epoca dei fatti Presidente della FIGC, ndr) al secondo anno di C e dissi 'Guardi, presidente, secondo me ci sono diverse cose che non funzionano'. Lui mi guardò negli occhi e mi chiese : 'Lo dice lei?'. A quel punto chiesi 'Perché, non si può parlare?', e capii. E poi scoppiò Calciopoli".
E ancora: "Siamo passati in un contesto di imprenditori dove il vecchio non è mai stato surclassato dal nuovo. Veltroni cambiò le regole del gioco, con i club che divennero società per azioni volte a guadagnare, concetto poi ricalcato da Platini. Ma di questo se ne sono buggerati tutti quanti. Per cui il calcio ha sempre accumulato debiti su debiti. Io ho fatto tanti film, altri ne ho acquisti, e non ho mai fatto una lira di debiti, e ho trasportato questo modo di fare nel calcio. Quando si dice 'il calcio italiano non sta andando da nessuna parte', è anche perché nessuno vuole andare da parti diverse, e non si capisce perché. Un'altra cosa del calcio italiano è che, tranne alcuni casi, gli imprenditori proprietari dei club non partecipano. Per non parlare dei fondi, che sono un disastro".