Conte e Ventrone dalla Juve al Napoli: storia, retroscena e lo Scudetto per chiudere il cerchio

La prematura scomparsa dell’amico, nonché fidatissimo preparatore atletico, ha segnato l'allenatore nel profondo: il loro viaggio insieme all'insegna della passione per il calcio

TORINO - Il filo che li lega per l’eternità è bianconero, a dire il vero. Si sono conosciuti a Torino, ai tempi della Juventus, nell'estate del '94. Uno è il preparatore atletico di una squadra stellare, fondata su una profonda cultura del lavoro. L'altro è un formidabile centrocampista, che correva più e meglio degli altri. Gian Piero Ventrone e Antonio Conte sono stati molto più di due semplici colleghi. Anche quando il tecnico leccese ha scelto di integrarlo all’interno del proprio staff: al Bari, all’Atalanta, al Siena e poi al Tottenham hanno costruito un rapporto straordinario, fatto di complicità e sincerità. Di opinioni uguali e diverse, di abbracci e scontri. Nelle loro vite il calcio ha rappresentato tutto.

La ferita profonda

La luce di Gian Piero, però, si è spenta all'improvviso. Troppo presto. Era il 6 ottobre 2022: una leucemia fulminante lo porta via prematuramente a 62 anni, con una vita professionale in corso, ma soprattutto lasciando una famiglia che amava più di qualsiasi altra cosa. Il vuoto riecheggia ancora e sicuramente quel dolore ha cambiato il percorso di Conte, che da lì ha riconsiderato tutte le proprie priorità. Ne parlò ad inizio 2023 in un’intervista al Guardian: «Nel giro di poche settimane se ne sono andati Giampiero, Vialli e Mihajlovic: mi hanno fatto capire che dobbiamo passare più tempo con le nostre famiglie». Ed è anche da quella ferita profonda, figlia della morte di Ventrone, che è nato il desiderio di Napoli. Già, proprio la città di Gian Piero, che in azzurro si fece apprezzare nelle giovanili da Marcello Lippi prima dell’approdo alla Juventus. Da Fuorigrotta, in fondo, è iniziato tutto.

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Conte, la vittoria per Ventrone

Anche per questo Conte avverte la responsabilità di vincere ai piedi del Vesuvio. Per Gian Piero, il membro dello staff che gli manca più di tutti. L’uomo a cui poteva chiedere qualsiasi consiglio, la persona che lo avrebbe capito sempre e comunque. In ogni istante avrebbe trovato la parola giusta per il suo prediletto, che si fidava ciecamente di lui. Pur di andare a Bari con lui, Ventrone firmò in bianco: gli interessava solo seguirlo e lo avrebbe fatto pure in capo al mondo. A suo figlio Ivan il "Marine" ripeteva spesso una cosa: «Se non diventa uno dei più grandi allenatori del mondo allora non capisco niente di calcio». Detto da uno che ha lavorato gomito a gomito con Lippi e Capello (in Cina), d'altronde, sembra una premonizione.

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"Amma faticà"

Ventrone, sin da Arezzo, accompagna Conte in incognito pure in altre avventure: per una telefonata o un parere schietto lui c'è sempre. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Non esistono contratti tra Antonio e Gian Piero. Il Tottenham rappresenta un sogno per quest'ultimo, a cui mancava solo la Premier League per realizzarsi a tutto tondo. I metodi, però, sono cambiati. Ventrone si è aggiornato tanto e Conte spesso lo pizzica: «Alla Juve ci facevi vomitare e ora sei diventato tenero?». E ridevano, sì, tanto. Da lassù Ventrone l'avrà fatto anche quando Conte si è presentato quest'estate sfoggiando un motto: «Amma faticà». È l'unica maniera che conoscono per vincere. Napoli, proprio la città di Ventrone, è un cerchio che si chiude.  

 

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TORINO - Il filo che li lega per l’eternità è bianconero, a dire il vero. Si sono conosciuti a Torino, ai tempi della Juventus, nell'estate del '94. Uno è il preparatore atletico di una squadra stellare, fondata su una profonda cultura del lavoro. L'altro è un formidabile centrocampista, che correva più e meglio degli altri. Gian Piero Ventrone e Antonio Conte sono stati molto più di due semplici colleghi. Anche quando il tecnico leccese ha scelto di integrarlo all’interno del proprio staff: al Bari, all’Atalanta, al Siena e poi al Tottenham hanno costruito un rapporto straordinario, fatto di complicità e sincerità. Di opinioni uguali e diverse, di abbracci e scontri. Nelle loro vite il calcio ha rappresentato tutto.

La ferita profonda

La luce di Gian Piero, però, si è spenta all'improvviso. Troppo presto. Era il 6 ottobre 2022: una leucemia fulminante lo porta via prematuramente a 62 anni, con una vita professionale in corso, ma soprattutto lasciando una famiglia che amava più di qualsiasi altra cosa. Il vuoto riecheggia ancora e sicuramente quel dolore ha cambiato il percorso di Conte, che da lì ha riconsiderato tutte le proprie priorità. Ne parlò ad inizio 2023 in un’intervista al Guardian: «Nel giro di poche settimane se ne sono andati Giampiero, Vialli e Mihajlovic: mi hanno fatto capire che dobbiamo passare più tempo con le nostre famiglie». Ed è anche da quella ferita profonda, figlia della morte di Ventrone, che è nato il desiderio di Napoli. Già, proprio la città di Gian Piero, che in azzurro si fece apprezzare nelle giovanili da Marcello Lippi prima dell’approdo alla Juventus. Da Fuorigrotta, in fondo, è iniziato tutto.

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