Mourinho, il Brasile si affida a Jorge Mendes

Il presidente federale Rodrigues ha chiesto l’intervento del potente procuratore per convincere lo Special One ad accettare l’incarico da ct

È da 58 anni che la panchina della Nazionale brasiliana è sempre affidata a un commissario tecnico locale. Non si può parlare di “xenofobia”, semmai di “idiosincrasia”, di avversione, allergia, incompatibilità verso un allenatore straniero. Questione di feeling, di sensibilità, d’idioma. L’ultimo selezionatore non brasiliano del “Canarinho” è stato il 7 settembre 1965 l’argentino Filpo Núñez: per un’unica partita, amichevole, a Belo Horizonte. Guidò il suo Palmeiras, in versione “verde e amarela” della "Seleção", al successo 3-0 sull’Uruguay.

Sempre ct locali

Poco dopo la Federcalcio di Rio ingaggiò come ct Osvaldo Brandão, seguito da Vicente Feola (già campione del mondo nel 1958), Aymoré Moreira (già campione del mondo ’62), Carlos Frones, di nuovo Feola e poi Moreira, Mario Zagallo, ancora Moreira, Antoninho, nuovamente Zagallo, quindi Biju, Carlyle Guimarães, Jota Júnior, ancora una volta Moreira, Yustrich, João Saldanha, di nuovo Zagallo (campione del mondo ’70), di nuovo Brandão, Cláudio Coutinho, Telê Santana, Carlos Alberto Parreira, Eduardo Antunes Coimbra detto Edu, Evaristo de Macedo, ancora Telê Santana, Carlos Alberto Silva, Sebastião Lazaroni, Paulo Roberto Falcão, Ernesto Paulo Ferreira Calahinho, riecco Parreira (campione mondiale ’94), nuovamente Zagallo, Vanderlei Luxemburgo, Candinho, Emerson Leão, Luiz Felipe Scolari (campione del mondo 2002), un’altra volta Parreira, Dunga, Mano Menezes, di nuovo Luiz Felipe Scolari e ancora Dunga per finire nel 2016 con Adenor Leonardo Bacchi detto Tite che si è dimesso il mese scorso dopo l’eliminazione in Qatar. In totale, dal 1965, la bellezza di 27 ct (compresi quelli richiamati una o più volte) tutti rigorosamente nati nella terra dello scrittore Jorge Amado.

Stregati da Mourinho

Ora si potrebbe prospettare un’inversione di tendenza: l’ingaggio di un tecnico straniero di fama mondiale per ritrovare il filo del successo in Coppa del Mondo perduto in Giappone più di vent’anni fa. Perché il Brasile brama di centrare il cosiddetto “Hexa”, il 6° titolo “iridato”. Sfumato Ancelotti (non se la sente di lasciare il Real Madrid vincitutto), in bilico Zidane (parla bene lo spagnolo, non il portoghese, non ha mai allenato al di fuori del “mundo blanco”), l’obiettivo n. 1 del presidente federale Ednaldo Rodrigues resta il carismatico e rutilante tecnico giallorosso José Mourinho, lui sì perfetto conoscitore della lingua madre portoghese. In Brasile hanno scritto di un emissario della CBF (la Federcalcio di Rio) inviato a Roma per trattare con lo “Special One”. In realtà questo fantomatico “ambasciatore delegato” è nientemeno che Jorge Mendes, il potente agente di Mou che tiene i contatti diretti fra il suo assistito e i vertici della “Seleção”. José ha rimandato ogni discorso a fine campionato (4 giugno). Il rapporto con il club non pare più idilliaco: sono venute a mancare le promesse più importanti, quelle degli acquisti. E la “piazza” è preoccupata.

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