Erlic: “Ero senza scarpe, ora marco Vlahovic. E sogno il Mondiale”

Il croato del Sassuolo è l’antidivo: “Vita dura dopo la guerra macché Ibiza o Mykonos: io in vacanza torno a casa e aiuto in campagna”
Erlic: “Ero senza scarpe, ora marco Vlahovic. E sogno il Mondiale”© www.imagephotoagency.it

Sarà un duello d’alta quota, nel debutto in campionato di Juventus e Sassuolo. Da una parte Dusan Vlahovic, bomber designato e uno dei protagonisti più attesi in Serie A; dall’altra Martin Erlic, marcatore tosto reduce da un’ottima stagione allo Spezia e pronto al salto in neroverde. Il difensore è una sorta di antidivo, agli antipodi rispetto all’immagine stereotipata del calciatore tutto lusso, privilegi e luci della ribalta. Erlic è un ragazzo semplice e la sua storia, che ci racconta in esclusiva, ne è la riprova. «Io sono nato nel 1998 in un piccolo paese in Croazia, Tinj, la guerra era finita, ma i miei genitori l’avevano vissuta in prima linea. Avevamo una casa che è stata bombardata, mio padre l’ha ricostruita, con l’aiuto di mia madre, e non è stata facile la vita. Io la guerra non l’ho vissuta e non posso dirlo, però nei racconti e nelle esperienze degli altri posso dire che non ci sia cosa peggiore». Le cose non sono state facili per il giovanissimo Martin: «Non mi vergogno a dire di essere un ragazzo di campagna, perché lì ci sono nato. Mi sono stati trasmessi veri valori e apprezzo ciò che è stato fatto per me. Per questo, inoltre, apprezzo chi fa lavori umili e più difficili del nostro. Io mi sento fortunato, perché sono un calciatore, che è la cosa più bella del mondo e perciò non mi sentirete mai lamentarmi. Io ho vissuto un’infanzia un po’ difficile perché i miei lavoravano in campagna, da prima dell’alba fino al tramonto, tutti i giorni. E soldi non ce n’erano. I miei sono contadini e la vita è davvero dura. Però questo percorso che ho compiuto l’ho fatto con un obiettivo sempre in testa: poter aiutare la mia famiglia e ridare loro un po’ di ciò che loro hanno fatto per me. Io vivo per la famiglia e gioco a calcio per rendere la loro esistenza un po’ più semplice».


Ibiza, Formentera, Mykonos? Macché. Per Erlic la vacanza è semplicemente tornare a casa, in Croazia, e dare una mano nell’attività di famiglia: «Quando torno a casa li aiuto volentieri. Mio padre mi dice sempre: vai al mare, risposati, non c’è bisogno che tu stia qui in campagna. Ma io Mykonos o Ibiza non le ho viste e non mi manca tutto questo. Sto bene a casa. Non dico che non ci andrò mai nella vita, ma al momento non fa per me». L’umiltà è qualcosa che il difensore del Sassuolo si porta dietro anche nel lavoro, nel calcio: «Resto quello di sempre, non mi monterei la testa, non farei mai il fenomeno. Non vedo perché dovrei: nella vita bisogna rispettare le persone che lavorano con te e per te e non bisogna mai perdere l’umiltà». Erlic quest’anno può addirittura realizzare un sogno, andare al Mondiale con la Croazia. Ma la rincorsa è stata lunga: «A nove anni ho voluto andare a giocare a calcio, ma dovevo spostarmi dal mio paesino. Dovevo andare a Rastane, che ha un club di serie C. Andavo a piedi: 5 km ad andare, 5 km a tornare. I miei non potevano accompagnarmi: non che non volessero, è che dovevano lavorare e non c’era altro modo. Mi arrangiavo, solo che per giocare a calcio dovevi avere le scarpe. Io chiedevo magari a qualche amico che ne aveva un paio in più, poi un giorno mio papà me le ha comprate. Non è stato facile, erano tempi duri. A 12 anni sono andato a Zagabria, a giocare nella Dinamo: ora mi rendo conto, guardando i ragazzini di quella età, di quanto siano piccoli. Io sono cresciuto più in fretta. Ma la mia famiglia mi è sempre stata vicino, lasciandomi libero di scegliere la strada giusta per me. Mio papà ha sempre dovuto chiedere prestiti ai suoi amici per farmi avere i soldi. Ho vissuto a Zagabria da una coppia di signori anziani, sono stati gentilissimi con me e ancora oggi ci sentiamo, mi hanno insegnato tantissimo. Poi pian piano il tempo passava ed ero più forte mentalmente: sono andato a Rijeka poi a 15 anni e mezzo sono arrivato a Parma. Mi avevano pescato in un torneo: mi ha notato Francesco Palmieri, al quale devo molto, posso solo ringraziarlo. Lui venne a casa mia in Croazia per parlare con i miei e sono partito per l’Italia. Quando il Parma è fallito sono arrivato a Sassuolo, in Primavera, dopo Bolzano con il Sudtirol, poi allo Spezia in prestito. Ora sono felice di avere l’opportunità al Sassuolo». Domani marcherà Vlahovic: «Uno dei migliori attaccanti in Italia, ha tantissime qualità. Per me è una motivazione in più per capire anche io a che livello sono arrivato, se mister Dionisi mi schiererà darò tutto per fermarlo». Ha bloccato Mbappé in Nazionale, ora sogna il Mondiale con la Croazia: «Qualche mese fa, se me lo avessero detto, avrei pensato a uno scherzo. Ho tre mesi fondamentali davanti a me, bisogna fare prima bene a Sassuolo e poi sperare nella chiamata. Io ci credo, ma dipende da me. Senza mai perdere l’umiltà».

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