LA SPEZIA - Nella leggerezza del calcio di rigore di M’Bala Nzola oltre il novantesimo a Cagliari, c’è un po’ tutto lo Spezia. Senza primedonne, senza copertina e lustrini, con tanta intelligenza e calma, con voglia di emergere, si arriva ovunque. Nzola è al suo terzo gol in maglia Spezia e in A, ed è un po’ il simbolo di questa squadra. Ieri le classifiche di rendimento del Cies Football Observatory lo metteva tra i primi 160 giocatori assoluti in questo periodo. E viene dal nulla, da un passato fatto di poche cose, e di Sertanense, Francavilla, Carpi e Trapani. La certezza all’oggi è questa: lo Spezia è una delle squadre che gioca il miglior calcio in massima serie e che sta un po’ sorprendendo l’Europa del pallone. Nelle ultime otto partite, tra coppa e campionato, ne ha persa una sola e per la verità la stava pareggiando, se Andrea Pirlo non avesse mandato dentro Cristiano Ronaldo (Spezia-Juventus 1-4 alla fine).
Ma la teoria dell’Aquila meccanica, come vien simpaticamente chiamata questa squadra, per le sembianze olandesi, che si porta addosso da qualche tempo, è sempre la stessa: gruppo, gioco, identità. Con 32 giocatori schierati in A fino a questo momento, dei quali ben 28 che sono partiti titolari e con gente come Simone Bastoni che si sta mettendo in forte luce. Vincenzo Italiano, che in estate aveva detto no al Genoa e a Daniele Faggiano, ed ancora sì allo Spezia, oggi è un po’ il facile profeta di quanto costruito un anno addietro. Una squadra bella a vedersi, che attacca in undici e difende in undici, con un portiere come Ivan Provedel che gioca stabilmente ai limiti dell’area di rigore e che fa il primo vero punto di riferimento, il primo appoggio. Altro esempio del gruppo: il modo in cui a Cagliari sono entrati i cinque subentranti, tutti a caccia del pallone.
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