Cairo, 10 anni da presidente: «Il futuro è Toro»

Intervista esclusiva di Tuttosport
Cairo, 10 anni da presidente: «Il futuro è Toro»© /Agenzia Aldo Liverani s.a.s.

TORINO - I dieci anni di presidenza del Torino, che festeggia oggi, Urbano Cairo li ha voluti rivivere nelle sale austere del Comune, in piazza Palazzo di Città, in un contesto capace di attribuire una certa importanza a una ricorrenza non proprio banale. Pochi il 2 settembre 2005 avrebbero scommesso un chewingum masticato sul fatto che dieci anni dopo Cairo medesimo sarebbe stato ancora dov’è adesso, con una squadra in testa alla classifica, con una progettualità da fare invidia a molti club italiani, con il medesimo entusiasmo del primo giorno. Per arrivarci, Cairo (che è stato Papa Urbano, poi Cairobraccino, poi di nuovo il Pres nella sinusoide del tifo granata), ha dovuto sbagliare, capire dove aveva sbagliato, abbassare il profilo, ricominciare da capo, scegliere due collaboratori fidati, il diesse Petrachi e l’allenatore Ventura, spendere finalmente bene i soldi. Sui giovani e per i giovani. Cairo, che si è dato almeno altri cinque anni di presidenza, coltiva un sogno: riconsegnare alla sua gente l’orgoglio, una cantera che produca campioni e il Filadelfia.

Presidente Cairo, un aggettivo per i suoi primi dieci anni di Torino. «Emozionanti». Tutto qui? «Tutto qui? Le sono sincero, il Torino mi ha cambiato la vita. Fare il presidente ti stravolge i ritmi, ti assorbe, ti contamina l'esistenza».

Ricorda il primo giorno da presidente, addì 2 settembre 2005? «Ricordo benissimo. Sono stato a Roma il 31 agosto, con Giovannone, per le firme, poi sono rientrato a Milano. Il 2 ero a Torino, da Peveraro, e staccavo assegni. Comunque, le svelo un segreto: mi appunto ogni giornata su un diario, che custodisco in un cassetto a casa mia. Andrò a rileggerlo, per rivivere ora per ora quel momento - mi consenta - storico».

Da Papa Urbano, alla contestazione, a un nuovo stato di... grazia. Condivide questa istantanea della sua presidenza? «Al di là dell'esagerazione, Papa Urbano ci sta. Nel senso che il Torino era appena fallito, arrivava una persona che piaceva per il modo di fare e di porsi, nell'immaginario collettivo è bastato poco per diventare il salvatore della patria. E’ la ragione per la quale, quando le cose non sono andate come la gente si aspettava, la delusione è stata più cocente. Insomma, l'atteggiamento diverso era umanissimo».

E dopo? «Dopo non ho condiviso il Cairo braccino. Quella definizione mi è rimasta lì, perché non corrispondeva alla verità. E' vero che avevo ceduto due giocatori importanti come Cerci e Immobile, ma è altrettanto vero che ne avevo comprati altri, cito Quagliarella e Bruno Peres, e che stavo cercando di agire con intelligenza. E' finita la stagione di Cairo che approdava disperato all'ultimo giorno di mercato e si riduceva a pagare caro ciò che non andava bene alla squadra. Cairo braccino no, non mi è piaciuto. E poi, facendo la differenza tra le ultime due campagne di trasferimento, ci avevo rimesso 10 milioni».

Adesso, però... «Percepisco un atteggiamento molto caloroso nei miei confronti, è tornato l'entusiasmo e ne sono felice. Del resto ci siamo mossi per tempo, abbiamo impostato il mercato basandolo sui giovani. Lunedì, ultimo giorno di contrattazioni, non ho neppure messo piede all'Athahotel, l'acquisto di Prcic lo abbiamo effettuato via mail».

Già, anche Prcic... «Me lo ha proposto Petrachi, è giovane, vedremo cosa saprà combinare».

A proposito, e Jovic? «Un ragazzo interessante, lo stiamo tenendo d’occhio».

Festeggiare i 10 anni al comando della classifica è un sogno. «Certo, sono felice, ma voglio parametrarmi su più partite, non solo su un paio, nonostante fosse da oltre vent'anni che il Torino non si assicurava le prime gare di campionato. L'aspetto molto positivo è che abbiamo sempre vinto in rimonta, compreso in Coppa Italia contro il Pescara, una prova di forza». Aperta parentesi: che effetto le suscita stare a + 6 sulla Juventus? «Un bell'effetto. Non era mai successo sotto la mia presidenza, spero che duri. E qui mi fermo».

Diceva dell'ultima campagna acquisti... «Abbiamo compiuto investimenti importanti sui giovani, con orgoglio le dico che i nostri quattro meravigliosi ragazzi, Baselli, Zappacosta, Belotti e Benassi, rappresentavano l'ossatura della passata Under 21. E che altri tre, Aramu, Parigini e Barreca, sono stati chiamati da Di Biagio nella nuova Under».

Il settore giovanile era solito sfornare campioni... «Il mio obiettivo è di riformare una cantera che produca giocatori per la prima squadra, proprio come una volta. Sono felicissimo per lo scudetto conquistato dalla Primavera, ma l'obiettivo deve essere sotto un certo aspetto superiore e più ambizioso».

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