Tra turnover e infortuni cresce l’altro Toro

Acquah entra al posto di Obi e corre ad esultare con lui. L’importanza dello spirito di Molinaro e una rosa adeguata

TORINO - Il Torino ritornato da Verona con un punto pesante, doppia rimonta con direzione arbitrale non esattamente a favore di vento..., torna oggi ad allenarsi alla Sisport con la consapevolezza di essere ancora più forte di ciò che le vittorie con Pescara, Frosinone e Fiorentina avevano fatto intendere. Vero, questa volta non sono arrivati i tre punti, ma la prova di tenuta del gruppo, capace di dimostrare che tra titolari e riserve non esista una differenza così significativa, al punto da gettare lo sguardo ancora un po’ più in alto, intensifica l’azzurro del cielo sopra il Torino. A Ventura “il particolare” non è sicuramente sfuggito, anche se la ramanzina nell’ìntervallo per il primo tempo troppo passivo è stata determinante, e così il cammino che attende il Toro appare meno complicato nonostante l’obiettivo di un posto per l’Europa League sia tutt’altro che agevole da centrare. Per rivivere i brividi di Bruges, Bilbao e San Pietroburgo, occorrerà una continuità di rendimento e quindi di risultati che solo una rosa ampia e all’altezza può garantire. Bene, il Toro che alla terza di campionato ha dovuto affrontare i gialloblù con un mix tra emergenze e turnover ha regalato risposte interessanti al punto da regalare boccate di ossigeno agli iperottimisti, quelli che, in sostanza, in un campionato così strano e senza un vero padrone, intravedono la possibilità per le squadre outsider di emergere. Come potrebbe essere appunto il Torino, una delle poche realtà che nell’ultimo calcio-mercato ha acquistato molto senza però intaccare lo zoccolo duro, in grado di portare avanti con sicurezza il progetto tecnico varato dall’allenatore un paio di stagioni fa.

SEGNALI E SCELTE - La trasferta del Bentegodi non era sicuramente nata sotto una buona stella, con una collana di indisponibili che pareva infinita: da Moretti a Gaston Silva, da Gazzi a un Benassi a mezzo servizio per non parlare dei lungodegenti Maksimovic e Farnerud a cui si è aggiunto in corso d’opera Avelar, ko dopo un quarto d’ora a Verona per il menisco saltato. Ma il Toro ha saputo dimostrare, come si sosteneva alla vigilia, di poter contare e appoggiarsi sul sistema di gioco al di là degli interpreti. E su questi va fatta una riflessione che non deve essere strettamente tecnica. Perché un giocatore come Molinaro, per esempio, schierato nei primi minuti nel ruolo inusuale di marcatore sinistro e quindi poi decentrato nel suo ruolo naturale di terzino mancino per il ko di Avelar, è una garanzia anche e soprattutto per lo spirito con cui vive le panchine che ha digerito con intelligenza e professionalità. Ma non è un caso, perché quando il Toro sceglie un giocatore da inserire in questo gruppo, fa molta attenzione anche al suo aspetto caratteriale. Il modo con cui Acquah ha esultato al gol del 2-2 è lo spot della sintonia che regna nello spogliatoio: il ghanese, peraltro sinora utilizzato col contagocce, entrato nella ripresa al posto di Obi dopo aver segnato ha cercato il compagno nigeriano dopo una corsa di oltre 40 metri. Rilevante anche la disciplina con cui Belotti ha atteso il suo debutto. Dunque questo non è solo il Toro di Quagliarella e Glik, di Moretti e Baselli, già, ormai anche lui è diventato un pilastro. C’è anche l’altro Toro che avanza e cresce, regalando nuove forze alle speranze di vedere la formazione di Ventura pronta per garantirsi per il terzo anno consecutivo la parte sinistra della classifica. Quella che garantisce elogi, di sicuro, ma se si è ancora un po’ più bravi, anche posti per le Coppe europee.

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