Le verità di Acquah: «Sì, questo Toro è la mia Africa»

Il centrocampista granata: «Ho trovato un gruppo fantastico, pieno di amicizia. Sembra di vivere il clima della Nazionale col Ghana»
Le verità di Acquah: «Sì, questo Toro è la mia Africa»

TORINO - Buongiorno Acquah. Cominciamo dal suo nome così particolare, Afriyie. Deriva da Africa, vero? «No, assolutamente. E’ un nome proprio che si usa in Ghana. I miei lo hanno scelto perchè era quello di mio nonno».

Restiamo all’Africa. Qual è la cosa più bella del suo Paese? «Non c’è la guerra, non c’è mai stata la guerra in Ghana. La gente si aiuta e c’è grande umanità. Poi il clima non è male, c’è sempre il sole, si viaggia poco sotto i 40 gradi».

E l’aspetto meno bello del Ghana? «Il fatto che se diventi un personaggio popolare come me, per esempio, quando ritorni dall’Europa c’è un sacco di gente che ti viene a cercare per avere soldi o aiuti e non riesci a stare tanto in pace».

Com’è stata e dove ha trascorso la sua infanzia? «Vivevo in un paese piccolo, Sunyani. Siamo sette fratelli, di cui due sorelle, mia mamma aveva un ristorante e mio papà è professore di scienze».

A proposito, che alunno era Acquah a scuola? «Uhm, diciamo che io pensavo sempre al calcio. Nel Ghana se giochi a pallone puoi andare anche solo due o tre volte alla settimana a scuola. A me piaceva matematica, però in classe pensavo sempre al pallone. In Ghana ho fatto il primo livello, poi ho iniziato a giocare a calcio seriamente e a 15 anni sono andato in Inghilterra».

Ma dei 5 fratelli maschi lei era il più forte? «No, mio fratello più grande, attaccante, era più bravo di me ma ha giocato solo in Ghana».

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