Ventura: «Sarà un onore giocare nello Stadio Grande Torino»

Il tecnico  alla vigilia del match con il Sassuolo: «Che emozione soprattutto per i vecchi cuori granata»
Ventura: «Sarà un onore giocare nello Stadio Grande Torino»© LaPresse

TORINO - Alla vigilia del match con il Sassuolo, che segnerà il debutto casalingo nello stadio dedicato al Grande Torino, Giampiero Ventura fa il punto anche sul futuro: «Sono un po’ incasinato - dice sorridendo il tecnico granata -: ho già firmato con Cagliari e Lazio, e il Toro ha già bloccato 15 allenatori. Scherzi a parte abbiamo già. Ci siamo visti un mese fa, il club sa come muoversi, il mercato è impostato. Quando sono partito avevo delle ambizioni, di riuscire dove altri non erano riusciti, ovvero nel ricostruire. Le parole contano poco, conta la serietà e la programmazione. Mi piacerebbe essere quello che è riuscito a far stazionare stabilmente il Toro in Europa facendola diventare una delle più invidiate d'Italia. Continuo a sostenere che non bisogna dire di essere un cuore granata, ma dimostrare di esserlo attraverso il lavoro. Stadio Olimpico Grande Torino? Sarà un'emozione per tutti, sono felice che sia avvenuta questa intitolazione e di essere il primo allenatore a giocare nel "nuovo" stadio. Ma sicuramente sarà ancora più emozionante per tutti i "vecchi cuori granata" che stanno lì sugli spalti. Quali stimoli in più rispetto all'incontro di gennaio col Sassuolo? Non sono io a dover stimolare i ragazzi: se Benassi spera di andare in Nazionale, e cioè agli Europei visto l'infortunio di Marchisio, è evidente che non sono io a dovergli dare degli stimoli. Semmai lo devo frenare, come quando è rientrato e dopo un giorno di allenamento mi ha detto "io ci sono". Ognuno di loro ha i propri obiettivi e le loro motivazioni. La domanda che si devono fare è "Cosa sono oggi? Cosa voglio diventare?" e soprattutto "Cosa devo fare per diventarlo?"».



IL RAMMARICO CONTINUA - Resta l’amarezza per la sconfitta di Roma, quel 3-2 finale dopo aver condotto 2-1: «Ci è mancato un pizzico di attenzione su tre palle da fermo, noi abbiamo creato molto e concesso poco. La partita è stata giocata bene, ma questo è l'anno dove forse c'è maggior rammarico per quello che pur lavorando in proiezione futura avremmo potuto avere. Abbiamo lasciato molti punti in maniera impropria, e Roma è un caso lampante. Questa è la stagione del rammarico, per tanti motivi: partite che potevamo vincere, per colpa nostra, per sviste; poi gli infortuni. Alla Roma manca Pjanic e si parla di emergenza; il Sassuolo per esempio sarà senza Missiroli e forse Defrel e pare distrutto. Ma io voglio vedere sempre il bicchiere mezzo pieno: se riuscissimo a stare nella parte sinistra della classifica avremmo centrato un obiettivo primario. Noi avevamo due obiettivi: far crescere giocatori, e su questo qualcuno è cresciuto molto; mentre sui punti c'è qualcosa da rivedere».



LE FRECCE SPUNTATE - Promossi e bocciati in fascia, il parere su Gaston Silva e Zappacosta. «Sono due situazioni differenti. L’annata dei due per me è positiva, perché nel complesso sono stati molto disponibili, sono due giocatori che arriveranno sicuramente. Gaston Silva è stato riadattato per dare fiato a Molinaro, magari ha fatto un po’ più di fatica ma è stato molto disponibile. Zappacosta è arrivato con l'obiettivo di diventare un giocatore importante anche in ottica Nazionale. Ha ampi margini di miglioramento, e voglia di arrivare. Ha davanti Bruno Peres che ha trovato condizione e che quindi stiamo sfruttando. Ma il suo obiettivo non è quello, per quanto riguarda questa stagione, di mettere insieme 20, 25 presenze, quanto piuttosto di imparare molto anche in ottica futura. E Zappacosta  continua a lavorare duramente senza mollare mai». Su Martinez: «Mi auguro che il gol abbia sbloccato Martinez e che ora il suo percorso sia in discesa, ma non lo posso certo sapere. Al di là del gol la prestazione di Martinez a Roma ha dato continuità a quella fatta in casa, che non era straordinaria ma buona sì. A Roma ha dato conferme. Il vero problema non è una partita, ho sempre detto che Martinez ha delle buone potenzialità. Il suo problema è di altra natura, ovvero ha impiegato un po' di tempo a capire cosa occorre per diventare un giocatore importante in un campionato come quello italiano. Il suo problema era soprattutto questo. Ora si allena in maniera diversa, ed è lo stesso di scorso di Obi, anche se con motivazioni diverse. Obi quando è arrivato qui era un giocatore che non giocava da nessuna parte, mentre oggi ha capito che la strada per diventare un buon giocatore o un ottimo giocatore, questo lo dirà il campo, è quella del lavoro, dell'umiltà e del mettersi in discussione e migliorarsi. Se li terrei entrambi? Sono due giocatori giovani. Se in queste ultime partite daranno continuità al lavoro arriveranno ai loro obiettivi. Perché hanno capito. E una volta capito non si torna indietro. Non è una questione legata ai gol o ai tiri in porta». 

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