TORINO - «Era il 23 marzo del 1969: quel giorno, di domenica, esordivo in serie A, a 19 anni ancora da compiere, con la maglia del Toro, a Torino, là dove 7 anni dopo avrei poi vinto uno scudetto magico, fantastico, indimenticabile per tutti».
PARLA IL MITO - A parlare è Paolino Pulici, il più grande marcatore della storia granata, un mito chiamato Puliciclone, uno dei grandi artefici dello scudetto del 1976. Un campione del passato, un faro come persona, per i tifosi del Toro, anche oggi: per i valori che incarna, per come tramanda il Toro sulla sua pelle, con i suoi insegnamenti, con le sue dichiarazioni sempre volte a promuovere la fede granata. Un grande calciatore, una stella del Toro, un esempio da seguire. Anche per la sua sportività. Il suo esordio fu un grande esordio, non tanto per il risultato, quanto per l’avversario e per l’aneddoto che si porta appresso. L’avversario di turno era infatti il Cagliari di Gigi Riva, che l’anno successivo avrebbe vinto lo scudetto: e Riva era già da tempo... Riva, cioè il più grande attaccante italiano del decennio (e ovviamente uno dei più grandi nella storia del nostro calcio). «Da sempre Riva era il mio modello di attaccante, e a quei tempi Gigi era ai vertici del rendimento e della fama». La partita finì 0 a 0, di disputò al Comunale di Torino, Pulici giocò titolare in attacco in coppia con Combin. E Riva, prima della partita, con un gesto da gran signore, con la sua nota sportività superiore alla media, prese da parte Pupi e gli disse: “Paolino, non avere paura, sbatti le ali e vola”. Ascoltiamo Pulici: «Sì, mi diede proprio lui la spinta necessaria, mettendomi una mano sulla spalla e parlandomi con affetto, anche se eravamo avversari. E poi aggiunse: “Paolo, quelli che arrivano dal Legnano non possono sbagliare!”. Anche lui, come me, aveva infatti iniziato a giocare in quella società».