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TORINO - La nuova vita di Ljajic cominciò 156 giorni fa, 5 mesi or sono. In trasferta, a Cagliari, il 9 aprile: il giorno della grande beffa, per i sardi. Perché, dopo una settimana di allenamenti sigillati, alla vigilia Mihajlovic aveva nascosto perbene il gran segreto pure a parole: «Andremo avanti alla solita maniera, con il 4-3-3». "Difatti" cambiò il modulo, a sorpresa: e i cagliaritani fecero fatica a capirci qualcosa, pur passando in vantaggio. Proprio Ljajic griffò presto il pari, e alla fine il Toro vinse persino alla grande (3 a 1 già al 54', e secondo gol rossoblù, finale, solo al 95'). Tutti fregati: Rastelli e compagnia. Cominciò proprio lì, sì, la nuova vita di Adem: abbandonò i panni dell'esterno offensivo, si accentrò con sulle spalle un 10 da vero trequartista e iniziò a decollare. Una crescita pressoché costante, da quel giorno. Una ridda di prove positive. Nel 4-2-3-1, dietro a Belotti, «Ljajic accentrandosi rende di più, perché sta quasi sempre nel vivo del gioco», dettò Miha, post Cagliari. La memoria di questi ultimi 5 mesi, rinfrescata domenica dalle buone giocate di Adem a Benevento e dal colpo di genio dell'assist in extremis per Iago, sorregge il ragionamento. E i numeri cristallizzano la grande svolta.
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DATI INCONFUTABILI - In campionato col Toro, Ljajic dal 2016 ha disputato 36 partite (33 più le 3 della nuova stagione). Di queste, 26 col vecchio modulo (1.891 minuti, 6 reti e 8 assist-gol) e 10 col nuovo (900 minuti, 6 gol e 2 assist). Con il 4-3-3, segnava una rete in media ogni 315' (un assist ogni 236') e brillava soprattutto per discontinuità. Con il 4-2-3-1, da trequartista, segna in media un gol ogni 150' (calano gli assist, però: uno ogni 450') e soprattutto mostra una maggiore, globale partecipazione al confezionamento della manovra.
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