Torino, intervista a Donadoni: "Questo Verdi è più forte del mio asso da 10 gol"

Il tecnico che lanciò l'attaccante granata: "Due stagioni splendide assieme: il mio segreto era liberare il suo estro. Dopo Napoli ha grande voglia di riscatto: questa è un’altra piazza ideale"
Torino, intervista a Donadoni: "Questo Verdi è più forte del mio asso da 10 gol"

TORINO - Roberto Donadoni allena in Cina. Due anni di contratto, 5 milioni netti all’anno e la consapevolezza, per i dirigenti locali, di essersi messi in casa un allenatore serio, preparato, di grande esperienza. Con un glorioso passato da campione, e non solo in senso stretto da giocatore. Un signore sempre e comunque: in campo quando giocava, così come in panca, da quasi una ventina di anni. Donadoni allena lo Shenzhenshi Zuqiu Julebu, per l’esattezza: si fa prima a dire Shenzhen e tanto basti. L’annuncio ufficiale, a fine luglio: grossomodo a metà campionato, laggiù. Missione difficile, per il nostro ex ct: salvare la squadra, neopromossa nella serie A cinese, all’epoca penultima. Fosse finito all’epoca il torneo asiatico, lo Shenzhen sarebbe retrocesso aritmeticamente. Donadoni cominciò subito bene: con un pareggio e una vittoria. Adesso, a 5 giornate dalla fine, l’obiettivo da raggiungere resta complicato. Ma un passo in avanti sostanziale comunque lo ha compiuto, lo Shenzhen. Perché si è messo alle spalle due squadre, non solo una. E non è un dettaglio: la terzultima in classifica si salva. «Si tratta di non mollare», dice lui. «Basta chiudere anche solo con un punto in più. E’ inutile mettersi a fare tanta filosofia. Conta la salvezza e solo la salvezza». Ha ragione. Anche solo un punto in più: lo spartiacque tra la gioia e la delusione. Intanto il campionato, ora, presenta una sosta. Per lo Shenzhen l’appuntamento è per il 18 ottobre. Match tosto, tostissimo: contro il Guanghzou Evergrande di Fabio Cannavaro, primo in graduatoria dopo 25 giornate. Italiani contro. E tutti e due gli allenatori hanno solo un punto in più sulla disperazione: cioè sulla penultima e sulla seconda in classifica. Zero sconti: è lo sport.

Speriamo per lei che il prossimo anno le diano una rosa più competitiva, Donadoni.

«Pensiamo a dare il massimo per salvarci, adesso. Intanto io sono già molto contento di poter vivere questa esperienza. Dico di più: la consiglio persino. Chi può, venga a giocare o ad allenare in Cina. Scoprirà un mondo incredibile. Da qualche mese sto vivendo un’avventura molto interessante. Sono estremamente sorpreso. In positivo. Shenzhen è anche una bella metropoli, modernissima, proiettata nel futuro. La qualità della vita è ottima. Quanto alla squadra: al di là di tutto, il problema più grande è la lingua. La comunicazione. Ogni messaggio ai giocatori deve passare attraverso la mediazione di interpreti che traducono per me. Io sto cercando di insegnare ai giocatori, la stragrande maggioranza cinesi, che cosa significhi inseguire obiettivi importanti nel calcio. Una mentalità da professionisti primi della classe. Cioè quello che ho immagazzinato in vita mia da calciatore e poi da allenatore».

L’abbiamo cercata perché domenica si giocherà Torino-Napoli. E un giocatore sarà sicuramente sotto i riflettori: Verdi. Anzi: il suo Simone, visto lo splendido rapporto che avevate a Bologna.

«Sì, un ottimo rapporto. Due anni, dal 2016 al 2018. Un decollo costante».

Lei è stato l’allenatore che più di tutti lo ha compreso, lanciato e valorizzato. Tatticamente, in un tridente: per lo più con Verdi in proiezione sul centrodestra; e Di Francesco dalla parte opposta. Con in mezzo, da pivot più o meno leggero, Destro o Palacio, nel secondo anno.

«E’ vero. Ma non esiste un modulo solo per Simone. Con me fece benissimo in un tridente offensivo, d’accordo. E sicuramente in quel ruolo, in quella posizione rese alla grande. Ma Verdi ha i mezzi per giocare anche in altri moduli».

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