Cairo in esclusiva: "Belotti al Napoli? No, resta al Toro"

Il presidente del Torino: "Né lì né altrove. Vendo il club? Voci infondate. Gli striscioni che mi invitano ad andarmene? No comment"
Cairo in esclusiva: "Belotti al Napoli? No, resta al Toro"© LAPRESSE

TORINO - Sa benissimo - anche se finge di ignorarlo o, a seconda dei casi, di non esserne toccato - che per placare la contestazione nei suoi riguardi non basta aver reclutato la faccia pulita, la buona volontà, le competenze acclarate e soprattutto la fedina granata immacolata di Moreno Longo e dei suoi collaboratori di sopra e di sotto, dal direttore sportivo Massimo Bava al collaboratore tecnico Tonino Asta. Così come già ieri mattina sapeva altrettanto bene, Urbano Cairo, che nella notte era ripreso in maniera visivamente e simbolicamente eclatante il tour cittadino degli striscioni che, con più o meno gentilezza, lo invitano a cedere il club e a farsi da parte. Dopo il Colle sacro di Superga e i cavalcavia, dopo i ponti e i monumenti sul Po - come quello di Garibaldi su cui andarono a schiantarsi Law e Baker il 7 febbraio del ‘62 sulla loro Alfa Romeo Giulietta Sprint di colore e al calor bianco - ecco il salto di qualità del dissenso scritto su lenzuola itineranti: la statua di Vittorio Emanuele a metà dell’omonimo corso, a due passi dalla vecchia, elegante sede di una società un tempo gloriosa; e quindi - avanti Savoia - la suggestiva piazza Palazzo di Città, di fronte al municipio dal cui balcone, nel settembre di quasi quindici anni fa, l’allora neo presidente ribattezzato Papa Urbano benediceva le folle dopo aver raccolto le ceneri del Toro fallito. Un luogo, dunque, altamente simbolico per esporre e fotografare la scritta “Cairo vattene”, per quanto una contestazione strisciante (anzi, striscionante) possa far presa negli animi ormai rassegnati di troppi tifosi granata, che si accontentano di lanciare i propri strali sui social - o di farsi gli hashtag su Twitter o le foto profilo su Facebook con l’ormai diffusissimo slogan/mantra - mentre aspettano che un miracolo prima o poi accada: che sia un passaggio di proprietà, a oggi ancora solamente auspicato, o una redenzione improvvisa della squadra con trasformazione di brocchi in campioni, di muli in destrieri, di timidi in tremendisti. Le considerazioni intime sull’ormai dilagante dissenso popolare Cairo continua a tenerle per sé, in attesa di capire cosa riserverà il futuro: sia sul piano generale delle prospettve sportive della squadra, sia per le proprie ambizioni imprenditoriali/editoriali legate all’esito del contenzioso con Blackstone (pendono 600 milioni di risarcimenti globalmente richiesti dal potentissimo fondo americano). Ufficialmente, risponde «no comment» quando Tuttosport gli chiede di questi striscioni, svicolando come spesso gli capita di fare allorché si tratta di affrontare argomenti sgraditi. [...]

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