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Di Alessandro Baretti
TORINO - Se il campionato finisse oggi decretando la retrocessione del Torino servirebbero pagine e pagine di giornale, per sviscerare le ragioni di un fallimento. Dal rendimento calato vertiginosamente in alcuni singoli, Sirigu su tutti, alla scelta di affidarsi a un esteta come Giampaolo senza mettergli a disposizione una squadra adatta al suo credo calcistico (innanzitutto è mancato e manca il regista), ai giocatori rimasti senza convinzione (come non pensare a Nkoulou, ottimo professionista, ma segnato dal “caso Wolvherampton”), alle difficoltà incontrate dal ds Vagnati sia in relazione al mercato in entrate che a quello in uscita (qui non è semplice stabilire dove finiscano le responsabilità dell’uomo mercato, e dove inizino quelle di Cairo, entrambi comunque ne hanno molte).
Rimonte salvezza
C’è però un valore, sul quale Nicola insiste fin dal giorno della presentazione al Torino, che da qui a fine campionato potrà fare la differenza e spiegare, nel caso, perché i granata siano rimasti nella massima serie. Ebbene, pur con tutte le inevitabili crepe aperte da una stagione assai deludente che segue a una annata pessima, il tecnico piemontese, nonché tifoso del Toro, sta provando a compattare il gruppo. I risultati si vedono a intermittenza, ma le rimonte contro Benevento e Atalanta, nonché il successo interno nel recupero contro il Sassuolo dicono che è il gruppo, l’unica variabile a poter salvare i granata. Che, dall’avvento di Nicola, hanno stabilito un primato decisamente confortante e che ben fotografa le positività all’interno dello spogliatoio: con 4 reti il Toro - ripetiamo esaminando le giornate di campionato da quando è stato messo sotto contratto l’ex tecnico del Genoa - è la squadra che ha segnato di più con i giocatori subentrati dalla panchina [...]