Torino, c'è un uomo solo al comando: il suo nome è Juric

Torino, c'è un uomo solo al comando: il suo nome è Juric© Marco Canoniero

Parlando in una sorta di “comfort zone” che non prevede eccezioni e controcanto, ma solo un’imbarazzata autodifesa e soprattutto un imbarazzante arrampicarsi sugli specchi, Davide Vagnati è riuscito ieri nell’impresa di sostenere, per giustificare se stesso e le deficienze societarie del Torino FC, una serie di cose che fanno acqua da tutte le parti.

Ha detto, per esempio, che non è vero che sono arrivati (cioè che lui ha fatto arrivare) tanti “rinforzi” dalla sua ex Spal: ha preso solo Berisha, specifica, cioè il secondo portiere (il primo peraltro, da lui caldeggiato, cioè Milinkovic-Savic, pure lo portò da ds a Ferrara). Poi certo, ha concesso, c’è anche il responsabile del settore giovanile (manco parlasse di un ruolo marginale), «però lo cercavano in tanti». Evidentemente - al netto delle virtù di Ruggero Ludergnani, per il quale è stato defenestrato Massimo Bava, reo di avere «troppi buoni rapporti e amici sulla piazza» - in tanti cercavano pure Gianmario Specchia (capo scout), Andrea Bernardelli (segretario), Paolo Minafra (vertice dello staff medico, defenestrato invece da Juric), Marcello Cottafava (allenatore della Primavera fino a quando, per evitare anche l’onta storica di vedere i ragazzi finire in B, Cairo e Bava hanno richiamato in fretta e furia Coppitelli; ah, per la cronaca, Vagnati avrebbe sostituito Cottafava con Giuseppe Scurto, che di Cottafava era stato erede sulla panchina indovinate di quale squadra? Bravi: risposta esatta). Probabile che in tanti cercassero anche Claudio Rivalta, candidato per un po’ a passare dall’Under 16 della Spal a quella granata, e forse solo per quello s’è dovuto ripiegare su Semioli: che sfortuna, mannaggia! Concorrenza foltissima e scatenata infine per i giocatori Kryeziu e Horvath, già sbolognati in Belgio e in Ungheria, e altri delle giovanili di cui tacciamo il nome giusto perché sono ancora minorenni. Considerando che Comi e Bava non ci sono più, sostanzialmente abbiamo riassunto un organigramma di club calcistico: almeno al Torino.

Ora, tra questi nomi ci sono (o ci saranno) pure ottimi professionisti, ma non è questo il punto. Il punto è la contrapposizione tra la realtà effettiva e quella virtuale disegnata da Vagnati, che evidentemente su questo fronte ha imparato bene dal suo datore di lavoro. Perché corteggiatissimi, stando al ds, erano poi ovviamente anche i rinforzi presi all’ultimo momento; solo per quello sono arrivati in fretta e furia subito dopo lo sfogo di Juric (l’ultimo pubblico, dopo i molti precedenti in privato) con il quale - pensa tu - «il mercato è stato fatto in sintonia». Manco mezzo accenno alle dimissioni del dottore. Al fatto che gli allenamenti Vagnati se li debba guardare dalla tribuna perché il campo gli è vietato, figuriamoci. Invece, la garanzia che Belotti rientrerà dopo la sosta («dovremmo riaverlo», però: non esageriamo con le certezze) e la conferma che per il contratto del Gallo non c’è «nessuna novità»: ma dai!? Ecco, la non volontà di rinnovo e il silenzio del capitano sono un’ulteriore testimonianza di come il Torino società abbia una credibilità, diciamo, relativa, come la sua struttura: è bastato che arrivasse un tecnico di forte personalità per smascherarne anche pubblicamente l’inconsistenza. Distratto su altri fronti, Cairo s’è un po’ defilato, e Juric s’è infilato nel vuoto granata con la forza della determinazione e della schiettezza. Speriamo, a gioco lungo, anche dei risultati. La verità è che, oggi come oggi nel Torino, c’è un solo uomo al comando: il suo nome è Ivan Juric. Per fortuna.

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