Toro, l'appello dei giocatori: "Tifosi, spingeteci"

Da Bremer a Pobega per finire con Ansaldi e Pjaca: la squadra di Juric patisce molto lo stadio semivuoto e domenica sperano di vedere piena almeno la curva
Toro, l'appello dei giocatori: "Tifosi, spingeteci"© LAPRESSE

D’accordo, le partite dei presunti granata nelle ultime stagioni prima di questa hanno fatto mediamente pena, in casa fin peggio che in trasferta, e di sicuro non rappresentano un incentivo ad andare allo stadio; né le due pietose salvezze consecutive rabastate da Longo e Nicola in luogo di Mazzarri e Giampaolo sono imprese meritorie di un riconoscimento-premio quale un abbonamento sulla fiducia, foss’anche al chiosco del porchettaro fronte curva, al di là della gratitudine per i due salvaToro. Ok, poi c’è Cairo e tutto quanto la sua presenza/assenza si porta appresso, rappresenta e comporta, pure in contumacia. Né dalla sua società arrivano mai segnali di virtuosa discontinuità con il desertificio emozionale che ha messo su il Torino Fc dopo gli illusori entusiasmi iniziali figli del fallimento. E ancora sì, ci stanno la paranoia del Covid e lo stress del Green Pass. La Maratona di una volta non esiste più e il cuore pulsante della Primavera è stato ferito a suon di assurdi Daspo.

Con l'Empoli solo settemila tifosi

Il fu Comunale per comodità, visuale e servizi fa abbastanza schifo. Il calcio moderno è soprattutto un prodotto televisivo e i ragazzi guardano gli highlights sugli smartphone e a volte si gioca in giorni feriali e in orari strani e in giro ci sono pochi soldi e bisogna fare i regali di Natale e non ci sono più le mezze stagioni. Tutte cose magari non buone e giuste ma di sicuro tutte valide motivazioni, specie se combinate, per non morire dalla voglia di andare a prendere troppo freddo o troppo caldo dopo aver preso troppi gol e troppe fregature. Dopodiché. Non è possibile - o quantomeno: è possibile, sì, visto che è così, ma è davvero sconfortante - che dalla sede granata non vogliano mai dire quanti biglietti sono stati acquistati in prevendita per evitare l’imbarazzo di enunciare cifre da campionato amatoriale. In nessun’altra piazza c’è un disavanzo così stridente tra partecipazione debordante alle polemiche social e assenze di massa allorché si tratta di farsi vedere e sentire sul serio. Lo stadio del Toro potrebbe fare da testimonial per campagne anti-assembramenti. La panoramica dell’ultimo incontro, con l’Empoli, è stata desolante: settemila paganti, in gran parte bambini entrati grazie a speciali promozioni. Eppure i prezzi, al netto di iniziative speciali, sono nella norma: con 20 euro si va in curva, con 30 già in tribuna. Eppure prima si erano vinte 4 partite su 7, le ultime 3 di fila, ripristinando sostanzialmente il fattore campo laddove da troppi anni c’era solo terra di conquista, spesso con punteggi umilianti. Con Juric in casa s’è perso, e di misura, e fra molte recriminazioni, soltanto da Atalanta e Juventus.

Pobega: "Quella curva è una carica"

Quasi tutti i tifosi attribuiscono al croato il merito di avere ricreato una squadra, di averle dato gioco e spirito riconoscibili, una squadra che troppe volte ha perso senza meritarlo - per limiti oggettivi o contingenti - ma che di sicuro non scende mai in campo rassegnata alla sconfitta, quali che siano i rivali o le notizie dall’infermeria. Gli stessi contestatori convenuti al Filadelfia per invocare una società degna dei suoi valori fondanti, e rispettosa dei sentimenti del suo popolo, hanno definito Ivan il Credibile l’unica garanzia concreta di granatismo trasmesso sul campo a chi ha l’onore e a volte l’ardire di vestire quella maglia. I risultati per adesso sono quello che sono, è vero, e qualche scricchiolio si è avvertito, ma dire che oggi è come ieri è sbagliato e ingiusto. Dire che non è cambiato niente - in campo - è pretestuoso. E poi c’è un’altra cosa: significativa. Fino a pochi mesi fa i giocatori non solo deludevano costantemente il pubblico, ma sembravano addirittura patirne la presenza, arrivando in taluni casi ad ammetterlo. Adesso no. Adesso la gente la vorrebbero, allo stadio. Almeno la Maratona la vorrebbero piena e colorata e trascinante. Anzi, la chiedono. L’ultimo è stato Pobega, che se non fosse proprietà del Milan sarebbe l’uomo su cui costruire un futuro; ma a maggior ragione il suo senso di appartenenza a questo Toro colpisce. "Quella Curva ti carica quando riparti, ti gasa quando fai un recupero, ti incoraggia quando sei in difficoltà, ti chiama per festeggiare". 

Domenica la sfida con il Bologna

Di recente avevano rimarcato l’effetto speciale e positivo dei tifosi Bremer (cioè il giocatore oggi più rappresentativo) e Milinkovic-Savic, il più simpatico e sostenuto malgrado alcuni scetticismi ancora da fugare. Prima di farsi male si era sbilanciato Mandragora, uno cresciuto nella Juve ma più granata nei fatti di tanti quaquaraqua, e pure l’altro ex bianconero Pjaca ha avuto nei riguardi della piazza parole importanti e convinte. I loro appelli si sono uniti a quelli reiterati di Ansaldi, un altro la cui credibilità è fuori discussione. La verità è che questi ragazzi vedono i vuoti sugli spalti e li patiscono. Soprattutto non li meritano, almeno loro. Sanno che il Toro è in debito verso i tifosi, ma vorrebbero una mano, una spinta in più per contribuire a saldarlo, anche se quel deficit di fiducia e passione non è colpa loro. Domenica, giorno festivo, arriva il Bologna di Mihajlovic, all’ora di pranzo, dovrebbe esserci pure il sole. Non ha bisogno dell’aiuto soltanto di Cairo, Juric

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