E adesso Cairo colga l’attimo

E adesso Cairo colga l’attimo© Marco Canoniero

Brekalo, d’accordo: uno del quale si diceva, fino a ieri, che quando avrebbe imparato a trasformare in gol la qualità sopraffina di certe sue giocate sarebbe diventato un crack. Ne ha fatti due, e un crack è diventato anche il Toro. Poi Singo, uno che se e quando capirà come disciplinare e ottimizzare la propria esuberanza atletica potrebbe diventare simile a un certo Maicon (ve lo ricordate nell’Inter del triplete, sì). E ancora Sanabria, uno che non è stato baciato dal talento ma ha un’attitudine al gioco di squadra ammirevole (pure in difesa: vedi un recupero sontuoso dall’area altrui a quella granata che Zaza dovrebbe riguardarsi diecimila volte sullo smartphone, dopo averlo - si spera - applaudito dalla panchina) e interpreta il ruolo di centravanti moderno e manovriero in un modo sconosciuto perfino al miglior Belotti. Quindi Bremer, chiaro, che a ‘sto giro ha annichilito il fenomeno Vlahovic con una disinvoltura tale da poterlo immaginare già oggi titolare in un top team di Premier (vorremmo continuare a immaginarlo nel Toro, chiaro, ma Cairo ha già deciso di venderlo, per cui tanti cari auguri).

Dopodiché sono altri i flash che illuminano d’inedito immenso la mattanza granata della Fiorentina. Tipo la faccia, e il sorriso, di Luca Gemello, fiondato dalla pandemia a debuttare in porta dove si è destreggiato con calma e semplicità. Sembrava fosse giunto lì tra i pali direttamente dalla scuola Filadelfia con la cartella sulle spalle e la merenda in mano per l’intervallo. Abbiamo visto più di un occhio tifoso d’antan luccicare di commozione. Chissà quegli occhi quando leggeranno che il portierino della Provincia Granda ha lasciato lo stadio Grande Torino a piedi, accompagnato dalla fidanzatina (si presume; se è solo un’amica va bene uguale) e scortato dai compagni di liceo. Un altro frame da non disperdere nell’usa e getta degli highlights è l’esultanza anticipata, in ginocchio, del kosovaro Vojvoda appena ha capito che Sanabria stava andando a bucare per la quarta volta la rete di Terracciano, certificando il dominio granata con un risultato che a quel punto giusto il dna paranoico dei cuori Toro si ostinava a considerare in bilico. Non è un dettaglio, il modo che hanno di festeggiare i gol i ragazzi di Juric. Lo abbiamo già fatto notare in passato, nei gesti del Gallo e di Pobega, negli abbracci festosi a chi e di chi non è stato protagonista dell’azione: la gioia, e lo sforzo premiato della squadra, prima dell’appagamento personale. Vojvoda, peraltro, aveva già messo sulla testa di Singo una palla degna delle ali che furono e che lui non si credeva potesse essere. Prima di Juric, almeno. Juric, ecco. Anche di lui, Ivan il Credibile, preferiamo cogliere gesti (e apprezzare parole) alternativi. Uno dei primi: l’abbraccio gioioso con quel Djidji che fino a pochi mesi fa tutti consideravano un pippone e che lui ha fatto diventare - confermandolo e proteggendolo a spada tratta in pubblico dopo due episodi balordi che erano costati al Toro altrettante vittorie - uno dei difensori più efficienti della Serie A. Le parole più belle sono invece quelle che l’allenatore croato ha riservato a Rincon che dalla sua squadra se n’è appena andato perché non funzionale al progetto tecnico; un elogio alla professionalità e alla dedizione del General cui hanno reso onore pure gli ex compagni esultando col gesto della mano alla fronte, come faceva lui le poche volte che gli riusciva di buttarla dentro. Ci sarà tempo e modo di analizzare fatti e sviscerare cifre, ben oltre i 13 punti in più che questo Toro ha rispetto a un anno fa e il rendimento casalingo che finalmente ha ridato un senso al fattore campo. Andrà a finire che qualche tifoso - magari stufo di passare i giorni di partita a menarsela su Cairo, il cairismo, la sfiga cosmica e il si stava meglio quando si stava peggio - riscoprirà la voglia di tornare allo stadio ora che la capienza a 5.000 la impone il Governo invece della diffidenza. I poco più di tremila spettatori di ieri gridano vendetta. Cairo ha molte colpe, certo: ma cui prodest? Chissà che al presidente non venga invece la voglia di prendere a Juric quel paio di rinforzi (mica Pelé o Messi; altra gente utile alla causa) con cui completare un organico bisognoso di ritocchi mirati sul piano della qualità e dell’affidabilità fisica, anche per parare prossimi eventuali colpi di Covid. E puntare all’Europa. All’Europa, sì. Ah, per far giocare a pallone come ha fatto ieri il Toro - a quel ritmo, con quell’intensità, quella fede - dopo venti giorni senza di fatto allenarsi, bisogna veramente avere la capacità di farsi seguire. Ivan il Credibile, sì.

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