Toro, il possesso palla è buono ma le conclusioni sono poche

Nelle prime due giornate 23 tiri: i granata sono soltanto al tredicesimo posto della classifica
Toro, il possesso palla è buono ma le conclusioni sono poche© TVMV-Manuela Viganti/Agenzia Aldo Liverani sas

TORINO - C'è ancora molto da sistemare nel cantiere Toro. Normale che sia così, anche per come si è sviluppata l'estate: il lungo ritiro in Austria con alcuni reparti largamente incompleti giustificano in tutto e per tutto i granata, che finora hanno comunque fatto il loro dovere fino in fondo. Con la qualificazione in Coppa Italia e con i 4 punti collezionati in campionato, mentre l'anno scorso di questi tempi la classifica era ancora inchiodata a zero. Nell'analisi delle prime due gare del Toro contro Monza e Lazio non può che balzare all'occhio un dato. Con due facce della medaglia: una positiva, per come la squadra sia riuscita a capitalizzare le occasioni create, l'altra negativa, semplicemente perché la tendenza non potrà essere sempre questa. Il numero complessivo dei tiri deve far riflettere: Toro 13° in questa graduatoria, con 23 conclusioni totali, di cui 7 nello specchio della porta. I margini di miglioramento, in questo senso, sono notevoli. E vanno analizzati reparto per reparto.

Innanzitutto con un focus sui saltatori. La musica quest'anno è inevitabilmente cambiata con la partenza di Gleison Bremer, l'anno scorso straordinario nei colpi di testa. Ogni volta che presenziava nell'area avversaria il Toro incuteva un timore che ora deve riscoprire: a Schuurs e Buongiorno, in particolare, il compito di creare i pericoli sulle palle inattive, ma battere bene i corner è una condizione indispensabile per far male. Poi va preso in esame il momento storico degli esterni. Singo non è ancora in condizioni ottimali: quando va sul fondo raramente la sua sgroppata termina con un cross preciso. Ragione per cui il Toro zoppica sui tiri: senza i palloni giusti dalle fasce si fa poca strada. Sulla catena di sinistra è andata meglio, sebbene Aina abbia caratteristiche diverse da Vojvoda: il nigeriano non è uomo dai cross facile, il kosovaro sì. E la sua assenza ha ridimensionato un po' la pericolosità dei granata sul versante mancino. Se sì conclude poco in porta, poi, è anche per "colpa" del cambio a centrocampo. Ricci non ha la conclusione nel Dna, Lukic sì: l'assenza del serbo, in campo solo in uno spezzone di ripresa contro la Lazio, ha avuto il suo peso. Anche perché Linetty ha un'identità marcatamente difensiva.

Ultimo, ma chiaramente non per importanza, l’apporto dei trequartisti. Bene Radonjic e Miranchuk a Monza, così così il serbo e Vlasic contro la Lazio. L’intesa è da affinare, perché prima di tutto entrambi devono capire bene le richieste di Juric. Radonjic è il giocatore che salta l’uomo meglio di tutti, mentre Vlasic non ha la capacità di Praet (per questo Juric invoca il suo ritorno) di legare il gioco, agevolando un ultimo passaggio fluido. Sanabria e Pellegri non hanno ancora beneficiato pienamente della qualità degli esterni: serve tempo per oliare tutti i meccanismi. Ciò che funziona molto bene, per il momento, è il possesso palla: Toro 7° in Serie A con 28’28” di media per partita. In questo senso è innegabile la crescita di Ricci, vero cervello di una squadra che ha il potenziale per sfruttare sempre meglio la capacità di tener palla. L’ex Empoli detta i tempi, ma soprattutto aiuta a non far dispendere energie preziose nei recuperi palla. Il possesso può aiutare ad incrementare il numero di tiri e di conseguenza ad aumentare le probabilità che il Toro diventi letale. Il cartello “lavori in corso” è appeso al Filadelfia: ci rimarrà per un po’.

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