Torino, lo spirito giusto trasmesso dal tecnico giusto

Torino, lo spirito giusto trasmesso dal tecnico giusto© ANSA

Nello stadio di Cremona, riaperto alla Serie A dopo ventisei anni di assenza, il Torino solleva la sedia al cielo, per usare l’immagine che ci ricorda Emiliano Mondonico. Quella di ieri sarebbe stata la sua partita, come quella che giovedì attenderà il Torino a Bergamo, col non banale scopo di giocarsi il primo posto. Se il Napoli non vincerà in serata a Firenze, la banda di Juric potrebbe infatti ritrovarsi in testa alla classifica già prima di mezzanotte. È notizia clamorosa in una stagione iniziata con la cessione di Bremer e di altri big, e introdotta dall’ormai celebre litigata in ritiro tra Vagnati e Juric. Lungi dall’essere stati mesi di rottamazione, è stato l’inizio di qualcos’altro.

È lo spirito del suo allenatore a segnare la continuità. La sedia al cielo come metafora. Davanti a duemila tifosi giunti allo Zini, l’aspetto più esaltante del Torino di ieri, c’è pure la vittoria sul campo, segnata soprattutto da due giocatori: il croato Vlasic e il serbo Radonjic, prova che il calcio non conosce - per fortuna - i confini della politica. Insieme hanno fatto saltare il banco grigiorosso, più volenteroso che qualitativo. Nel primo tempo ha colpito Vlasic, nel secondo ha affondato Radonjic, poco dopo avere offerto a Linetty un pallone da spingere in rete, e incredibilmente sbagliato. Il gioco di parole è facile e scontato: Torinic. Al di là del calembour, conta quanto aveva detto proprio Juric alla vigilia: la forza granata sta quest’anno sulla trequarti. La rosa avrà in effetti qualche chilo e centimetro in meno di prima, ma non ha perso qualità nei piedi. L’impressione è che l’intesa tra Vlasic e Radonjic sia molto buona e che possa ulteriormente migliorare. Se il primo ha forza e potenza, vedi l’1-0 generato da un suo tocco acrobatico, il secondo ha una capacità di affondare che hanno pochi giocatori della Serie A. Anche l’invocato acquisto di Praet, probabile arrivo dell’ultima ora con Barrow, suona comunque meno urgente.

Se il Toro imparerà a chiudere le partite, non dando modo agli avversari di tenere aperte le gare sino all’ultimo, e se dalle fasce otterrà un apporto maggiore di quello di Aina e dell’inespresso Singo, mentre nel mezzo il promette Ricci e Linetty tengono la bussola (Lukic può risalire con calma), la squadra può togliersi delle splendide soddisfazioni. La ricordata sfida contro l’Atalanta potrebbe simbolicamente iscrivere i granata a un altro campionato, quello con vista Europa, toccato l’ultima volta con Mazzarri. Dopo il decimo posto di un campionato fa, rispetto al quale il Torino ha oggi 4 punti di vantaggio, si può e si deve crescere. Serve sempre cautela, ovvio, anche perché non sono arrivati campioni. Schuurs ad esempio ha fatto un ottimo debutto, ma non è Bremer. E il Toro ha bisogno davanti di un attaccante che vada in doppia cifra. Il migliore, lo scorso anno, fu Belotti con 8 reti. Incoraggiante che nella settimana della firma del Gallo con la Roma, la squadra abbia comunque trovato due gol, ma nemmeno questo è da sé sufficiente.
È però un Toro che piace per lo spirito e l’intraprendenza. E che ha in panchina un allenatore in grado di spingere da solo un intero ambiente. A Torino come a Verona. È eccessivo, maniacale, insofferente, ostinato, tenace e intelligente. È quello che serviva dopo anni bui e di errori societari. A proposito, conterà poco nell’ambito del dibattito nazionale, ma ieri il Torino Primavera ha vinto proprio a Bergamo ed è in testa alla classifica. Decisiva la doppietta di Dell’Aquila, ex Spal come Vagnati. Curioso che vecchi e giovani, nello stesso giorno, abbiano ritirato su la testa. Come accadeva trent’anni fa con la sedia del Mondo.

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