Cairo e Vagnati, il Toro ha un attacco penoso: fino a quando?

A gennaio doveroso prendere una prima punta di spessore per cercare di dare ancora un senso alla stagione

Le perplessità sui limiti dell’attacco hanno accompagnato tutta questa prima parte della stagione, anche quando, a Monza e a Cremona e poi contro il Lecce, sono arrivate le uniche vittorie del Toro in dieci giornate. Adesso che nel proprio cammino Juric ha incontrato avversarie di qualità e soprattutto con panchine lunghe, il problema è esploso in tutta la sua potenza, perché se una squadra segna soltanto otto reti - peggio soltanto Fiorentina, Spezia, Cremonese e Sampdoria, tutte con una partita in meno - è evidente che puoi sostenere ragionevolmente che mancano i gol dei centrocampisti e degli esterni, ma prima di tutto, così è il calcio, manca la concretezza delle punte. È vero che nel derby il Toro si è trovato con una situazione particolare, perché un problema muscolare al polpaccio ha impedito a Sanabria di esserci e pure Pellegri è stato recuperato all’ultimo per un altro problema fisico di vecchia data che in parte ne avrà condizionato la prestazione sottotono, ma è chiaro che a fronte del poco concretizzato nelle altre partite non ci si può aggrappare a questi discorsi.

Torino, il processo di crescita bloccato

Juric ha saputo dare un’identità tattica alla squadra, ha provato a inventarsi qualcosa di diverso con tentativi magari discutibili (il tridente contro il Sassuolo, formato da Seck, Vlasic e Radonjic con Sanabria e Pellegri in panchina, era obiettivamente un azzardo) e tuttavia in parte dettati dalla necessità contingente, come ieri, e in parte dalla manifesta volontà di dare un segnale alla società, perché le parole pronunciate dopo la sconfitta testimoniano tutta la sua insoddisfazione. Il processo di crescita del Torino è bloccato: i punti in classifica sono gli stessi della scorsa stagione, la prima con il croato in panchina, e frutto dello stesso score (tre vittorie, due pareggi, cinque sconfitte), però le reti sono dimezzate. Non accadeva da otto anni che i granata arrivassero a questo punto del campionato con un bottino così misero: c’era Ventura e i gol erano sette.
Riprendersi da una sconfitta nel derby, ancorché diventata una triste abitudine, non sarà facile, tanto più considerando che, dopo la partita di Coppa Italia contro il Cittadella, il Toro andrà a Udine e affronterà poi in casa il Milan. Ma intanto è necessario che Cairo e Vagnati prendano atto che, insieme al centrocampista di sostanza più volte invocato da Juric e magari rinunciando all’ennesimo trequartista, l’acquisto di un attaccante a gennaio è diventato imprescindibile e non potrà essere un elemento di secondo piano. Serve un titolare, serve un giocatore sul quale investire una parte sostanziosa dei ricavi propiziati dalla cessione di Bremer. Il direttore tecnico nelle ultime settimane è stato in giro per l’Europa a cercare occasioni e ha presentato al presidente una lista nella quale non può non comparire il nome di una punta: l’unico modo per riuscire a dare un senso a una stagione che altrimenti rischierà di scivolare in un anonimato deprimente del quale tutti farebbero volentieri a meno.

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