Torino, lo scudetto dimenticato? Cari tifosi, dimenticatelo

Entro l’inizio del nuovo anno sarà pubblicato il resoconto della commissione di storici. Ma Gravina, il presidente Figc, ha già deciso: nessuna assegnazione dei titoli rivendicati

Detta con uno slogan: cari tifose e cari tifosi del Toro, dimenticatevelo, lo scudetto del 1927. Così è, anche se non vi pare: metteteci una pietra sopra. Lasciate ogni speranza, o voi che entrate (in questo ginepraio storico e giuridico). Stop, fine, basta, punto e a capo. Revocato è stato e revocato resta. Non più assegnato a nessuno. Addio, tanti saluti. Fino a prova contraria, così è e così sarà. È quanto si apprende ora da fonti federali, dopo quasi 3 anni di sostanziali silenzi. La questione era tornata d’attualità nel 2015, con una nuova coda significativa nel 2017. Erano i tempi di Carlo Tavecchio, all’epoca presidente della Federcalcio: non aveva detto no davanti alle richieste di questo giornale, da decenni (e non solo negli ultimi due lustri) in prima fila nell’invocare giustizia, dunque un riesame della vicenda. E Tavecchio, figurarsi, non aveva detto no neanche a Urbano Cairo: il quale, anche sulla spinta del movimento d’opinione originato dalle ripetute inchieste di Tuttosport, si era infine deciso a inviare 5 anni fa, bontà sua, una missiva al presidente federale, con allegato un plico, la documentazione stesa da suoi collaboratori e legali. Le memorie del Torino, in cui venivano indicati il perché e il percome il club ritenesse doverosa una revisione di quel processo “incredibile” di 95 anni fa, con successiva restituzione del tricolore. Ma già nel novembre del ‘17, neanche 6 mesi dopo, Tavecchio si dimise. E così anche la sua buona volontà, naturalmente super partes, evaporò nel nulla.

Le altre istanze

Altri giri di giostra, altri presidenti, altre storie: dalla fine del 2018, con Gabriele Gravina al comando, emersero più richieste di assegnazione frutto anche di gruppi di tifosi riunitisi in comitati ad hoc. In ballo, oltre allo scudetto revocato al Torino e mai più assegnato, le istanze del Bologna (2° in quel 1927), del Genoa (1925) e della Lazio (1915). Così, nel corso del 2019, Gravina decise di istituire un collegio di consulenti col compito di analizzare «con un approccio storico e scientifico le diverse richieste pervenute alla Figc riguardo l’assegnazione di scudetti di stagioni sportive dell’inizio del secolo scorso. Ciò, per permettere a tutti di farsi la propria opinione senza preconcetti o precostituite posizioni faziose, dettate dal tifo». A fine maggio ‘19, in consiglio federale, Gravina annunciò poi la composizione di quella commissione. Annoverava 7 insigni storici tra rettori, professori universitari e ricercatori: Francesco Bonini (presidente del la commissione), Pierre Lanfranchi, Daniele Marchesini, Sergio Giuntini, Enrico Landoni, Eleonora Belloni e Nicola Sbetti.

Il dossier degli storici

Durante l’insorgenza della pandemia, questi 7 storici produssero un testo di circa un centinaio di pagine sui vari scudetti rivendicati. Dimenticato per ben più di un anno, quel resoconto puramente storiografico, senza velleità di esprimere sentenze, verrà finalmente pubblicato sul sito della Federcalcio entro l’inizio del nuovo anno. In ogni caso, non porterà a nulla. In un periodo carico di altre priorità ben più urgenti, dagli uffici di Gravina si premurano di precisare che: 1) le richieste pervenute sugli scudetti contesi non hanno dato né daranno alcun seguito formale in Figc, né è stato istituito o sarà istituito alcun procedimento; 2) non c’è nessuna volontà di affrontare il tema per riesaminare dal punto di vista giuridico-sportivo le questioni; 3) si sottolinea l’utilità del lavoro portato avanti dalla commissione dei saggi a livello di ricerca e di cultura storiografica, come da desideri del presidente federale, per aumentare la consapevolezza nell’opinione pubblica di ciò che successe in quei campionati di inizio secolo; 4) si fa notare l’inevitabile spirito divisivo delle varie richieste di assegnazione, con più club virtualmente in lotta tra loro; 5) viene ribadita l’impossibilità oggettiva di ritrovare prove o documenti indubitabili. Vinto nel luglio del 1927 davanti al Bologna, lo scudetto fu revocato al Torino a novembre al termine di un processo lampo, condotto in prima persona (con minacce, metodi violenti e “fascistissimi”, senza avvocati difensori per gli accusati) dal presidente federale Leandro Arpinati: gerarca ancora potentissimo a quel tempo, fedelissimo di Benito Mussolini, vicesegretario generale del Partito Nazionale Fascista, nonché podestà di Bologna. E, del Bologna, tifoso, tifosissimo. Non emersero chiare prove. Il giocatore della Juventus Luigi Allemandi, accusato di essersi lasciato corrompere da un dirigente del Torino prima di un derby, si dichiarò sempre innocente (ricorse poi al Coni: possediamo la sua disperata istanza in forma integrale; l’abbiamo letta, è allucinante il resoconto di ciò che subì da Arpinati). Radiato come tutto il vertice societario del Torino, Allemandi, futuro campione del mondo nel 1934, fu reintegrato già nel ‘28 con un’amnistia generale. Che riportò “in vita” lui, ma senza alcun effetto per la dirigenza granata e per l’assegnazione dello scudetto: perché? Attendiamo di leggere il resoconto dei saggi, ordunque. Se ne riparlerà.

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