Il Toro di Juric e il Toro di Cairo

Il Toro di Juric e il Toro di Cairo© /Agenzia Aldo Liverani Sas

C’è tutta una vulgata – risicata nei praticanti ma evidentemente molto potente, o comunque suadente, nei mezzi – che riesce sempre, in qualche modo, a creare dentro e intorno al Toro di Cairo degli equivoci, delle zone grigie, dalle quali alla fine – sempre in qualche modo – esce comunque vincitore il presidente e perdente l’allenatore o il dirigente di turno.

I tifosi, non ne parliamo: quelli, ormai, sono sconfitti in partenza. Del resto, non fosse così, il Torino Fc riciclato sulle ceneri del fallimento non sarebbe da quasi diciotto anni in mano alla stessa, progressivamente invisa proprietà malgrado percorsi sportivi all’insegna della mediocrità; mediocrità d’ambizioni, prim’ancora che di risultati. Anche con Juric, pure il tecnico che più di ogni altro è riuscito a dare alla squadra un gioco e una mentalità degni di essere considerati granata, ci siamo arrivati.

Facendo leva sui suoi oggettivi limiti dialettici, sulla sua incapacità di rendere sempre nitido e inequivocabile quanto vuole comunicare, sui suoi sbalzi d’umore e magari su qualche carenza tattica che ogni tanto gli impedisce di leggere in maniera fruttuosa avversari e partite alla portata - oltre che ricordando a ogni pié sospinto i due milioni d’ingaggio che percepisce, quasi implicassero una inevitabile complicità d’intenti, quasi fossero una colpa anziché una responsabilità figlia di oggettivi meriti pregressi – si tenta di far passare da piantagrane o quantomeno da “maicuntent” (mai contento, in piemontese, termine molto in voga nella tifoseria) un allenatore la cui unica vera controindicazione – in seno a questa società di basso cabotaggio – è quella di ostinarsi a considerare il Toro un top club anziché un Sassuolino che ambisca a vivacchiare a metà classifica realizzando appena possibile plusvalenze reali e non fittizie. Detta con un esempio: per Cairo e i suoi sodali, comprare Ilic – forte eh, ma non ancora Maradona – diventa un’impresa mostruosa, ai confini dell’epico, tale da dover considerare automaticamente una cessione (Lukic) altrettanto pesante, subito, e magari un’altra (Schuurs?) tra un po’. Comprare Ilic, per Juric, significa invece integrare – finalmente, e ancora parzialmente – un organico di buon livello (sempre relazionato all’obiettivo parte sinistra della classifica, stella polare del Torino Fc) quando sono a disposizione i “titolari” ma terribilmente limitato allorché si tratta di fare turnover mantenendo alte la tensione e le aspirazioni. Non è un caso che Juric – che forse sogna più l’Europa vagheggiando la Coppa Italia che non arrancando verso un piazzamento utile in campionato, malgrado penalizzazioni in corso e altre possibili più avanti – rispetto a Empoli sia partito con una formazione più competitiva nell’ottavo di San Siro col Milan e, probabilmente, altrettanto farà mercoledì nel quarto di Firenze. Non potendogli andare sempre bene, quando butta male riparte la solfa dei due milioni a stagione e del caratteraccio usato a mo’ di scudo e di scusa.

Juric non è un santo, sia chiaro, e Cairo non è il male a prescindere, anche se si sforza molto per farlo sembrare. Dopodiché, per Juric il percorso del Toro - verso un futuro degno di un passato rimosso e in discontinuità con un presente scoraggiante – dovrebbe essere: un pezzo sopra l’altro, sempre uno in più, migliore del precedente, con pazienza, competenza, lungimiranza, oculatezza ma anche un pizzico di coraggio e faccia tosta. Per Cairo, il percorso del Torino Fc non può che essere un pezzo via l’altro, ma nel senso metti uno e togli altrettanto, se non di più. La storia è questa: fine. Eh ma Lukic si era ammutinato, eh ma tanto non vuole rinnovare, eh ma oggi incassi 10 milioni mentre tra un anno andrebbe a scadenza. Ok, allora con quei 10 milioni (se proprio vogliamo fare i contabili anziché ragionare di calcio, Lukic fu pagato uno e mezzo o poco più nel 2016, quindi è già stato abbondantemente ammortizzato) prendine un altro al suo posto almeno di pari livello: Juric te lo trova, tranqui. Altrimenti vincerà sempre Cairo - o meglio, il cairismo - e perderà sempre il Toro.

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