Milan-Torino, Dossena: "Granata più squadra"

La mezzala era in campo nell’ultima sfida vinta dal Toro a San Siro contro i rossoneri in Serie A: "Un successo darebbe la spinta verso l’europa"
Milan-Torino, Dossena: "Granata più squadra"
Classe, progressione, senso del gol: Beppe Dossena è stato tra i più completi centrocampisti della sua generazione. Quella che se l’è vista con Falcao e Platini, Maradona e Tardelli, Zico e Junior che di Dossena è anche stato compagno di squadra, nel Torino. Dopo la lunga, ricca e soddisfacente parabola in granata iniziata al Fila nel settore giovanile, e con in tasca la laurea di Campione del Mondo a Spagna ‘82, il milanese nato a due passi da San Siro si trasferisce a Udine (in B), quindi raccoglie la proposta del compianto Paolo Mantovani per vestire la maglia blucerchiata della Samp: con la quale vince scudetto, Coppa Italia, Supercoppa italiana e Coppa delle Coppe. Dossena è pure stato tra i protagonisti dell’ultimo successo del Torino a San Siro contro il Milan. Era il 24 marzo del 1985, e a decidere la sfida fu un gol di Schachner.
 
Beppe Dossena: una testimonianza di quella partita? 
 
«Ricordo poche immagini, al di là del gol di Walter. Però le emozioni affiorano: fu una grandissima soddisfazione, vincere a Milano. A maggior ragione per me che ero nato e cresciuto a due passi da San Siro». 
 
Quella vittoria vi diede lo slancio per vivere un campionato da protagonisti, chiuso al secondo posto alle spalle del Verona. 
 
«Senza dubbio. E in proporzione lo stesso può succedere al Toro». 
 
Ci spieghi? 
 
«Innanzitutto l’occasione è ghiotta: il Milan ha valori tecnici superiori, ma i granata in questa fase sono più squadra, sono più compatti dei rossoneri. Il Milan è entrato in un loop pericoloso, mentre il Toro è più libero di testa. Vincere a Milano dopo i tre punti in casa e il successo in Coppa Italia avrebbe conseguenze pratiche legate alla classifica, e darebbe una carica potenzialmente decisiva, nell’ottica di puntare al settimo posto». 
 
I rossoneri come possono uscire da questa complessa situazione? 
 
«La fortuna del Milan si chiama Paolo Maldini. È il leader attorno al quale stringersi per ripartire. In questa fase è palese la difficoltà della squadra a ricevere ogni input, che sia tattico o motivazionale. Maldini ne ha vissute parecchie, ha esperienza nel gestire i rapporti, è la base sulla quale riedificare il Milan. Pioli sta incontrando evidenti difficoltà, ma ciò non toglie che gli vada riconosciuto il lavoro straordinario compiuto nella passata stagione. Lo scudetto è stato un capolavoro sportivo, e i meriti di Pioli nella sua conquista sono stati ampi. Di sicuro non aveva la squadra più forte, ma con la giusta alchimia e un prezioso lavoro tattico è arrivato davanti a tutti».
 

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Da un punto di vista psicologico, più che tecnico, il ritorno di Ibra può aiutare i rossoneri? 
 
«Opero un distinguo: il suo carisma può stimolare o intimorire, dipende dalla personalità dei singoli compagni. Se è percepito come un leader allora va benissimo, ma deve essere il leader di tutti, non di un gruppo all’interno dello spogliatoio». 
 
Quanto pesa l’assenza di Maignan, in questo Milan? 
 
«Tanto: al di là delle parate, spesso decisive e importanti, è un portiere che trasmette sicurezza. Il suo recupero sarà dirimente, per le sorti della squadra di Pioli». 
 
Il trentaseienne Giroud paga le fatiche mondiali? 
 
«Avere tanti impegni può essere positivo, e con le cinque sostituzioni un giocatore può gestirsi. Se cura corpo e mente resta un attaccante forte». 
 
L’attaccante prolifico: ciò che manca al Toro. 
 
«Al Toro e a tante altre squadre. Gli allenatori non si dovrebbero incazzare, serve fiducia tra le componenti: bisogna trovarsi nelle sedi opportune e capire cosa si possa e non si possa fare. In parte è comprensibile che i tecnici pretendano, ma devono anche cucinare con gli ingredienti a disposizione. E comunque i granata si stanno arrangiando bene con i tanti esterni offensivi in rosa». 
 
Ogni riferimento a Juric non è puramente casuale. Resta, il croato, l’uomo giusto per i granata? 
 
«Non ho mezza perplessità, a riguardo: si vada avanti con Juric, uno che non fa sconti, ma che fa giocare bene le sue squadre. La sua mano è ben riconoscibile, in campo».
 

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Come si svilupperà la partita tra Milan e Torino? 
 
«I granata andranno uno contro uno in ogni zona del campo e per un Milan in queste condizioni non sarà facile. I rossoneri però hanno singoli forti, e Leao potrà essere il fattore decisivo». 
 
Quanto mancherà l’infortunato Ricci, al Toro? 
 
«I singoli che incidono si contano sulle dita di una mano e non solo in Italia, ma in campo internazionale. Ricci è un punto di riferimento, ma può crescere ulteriormente. Gli manca ancora un po’ di sfacciataggine, per le qualità che ha potrà dare ancora di più». 
 
Come valuta la coppia formata da Ilic e Ricci? In prospettiva sarà questo il tandem di centrocampo dei granata. 
 
«Mi piace. Sono due che parlano lo stesso linguaggio tecnico: sarà un piacere, vederli giocare assieme». 
 
Tra i rossoneri, fin qui, c’è invece un De Ketelaere che gioca senza trasmettere il piacere di farlo. 
 
«È uscito dalla comfort zone che si era creato in Belgio e sta faticando. Ha qualità, e per tirarle fuori dovrebbe poter sbagliare ancora una serie di partite, vista la giovane età (21 anni, ndr). Questo però posso dirlo io che non devo tenere conto dei risultati che il Milan ha necessità di raccogliere. Se però lo si vuole far crescere gli va data fiducia. E la fiducia si traduce nella continuità di impiego. Adesso gli leggi in faccia la paura di tentare le giocate, in campo sembra un pulcino bagnato. Rimane un investimento da tutelare, un talento da proteggere, ma la sua maturazione mal si concilia con l’esigenza stretta che il Milan ha di tornare a ottenere risultati positivi». 
 
Ci diceva che non ricorda più di tanto, di quel successo a Milano datato 24 marzo 1985. Che ci dice, invece, dello striscione che partiva dalla Maratona e arrivava ai Distinti al Comunale di Torino? Riportava questo: “Un magico Dossena per una magica Curva”... 
 
«(pausa per raccogliere le emozioni) Al Toro e ai suoi tifosi sarò grato per tutta la vita. Sono cresciuto al Fila, e da professionista quello granata è lo spogliatoio che ho frequentato di più. Ci siamo anche scontrati, ma ciò che resta è un sentimento di profonda gratitudine. Sono orgoglioso, di aver fatto parte del Torino». 
 
Oltreché essere ospite di tante trasmissioni in Rai, quale altre occupazioni ha attualmente? 
 
 
«Assieme a vari professionisti stiamo dando vita a un’attività, che si chiama Special Team, che si occupa di accompagnare gli atleti una volta terminata l’esperienza professionale».
 

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Classe, progressione, senso del gol: Beppe Dossena è stato tra i più completi centrocampisti della sua generazione. Quella che se l’è vista con Falcao e Platini, Maradona e Tardelli, Zico e Junior che di Dossena è anche stato compagno di squadra, nel Torino. Dopo la lunga, ricca e soddisfacente parabola in granata iniziata al Fila nel settore giovanile, e con in tasca la laurea di Campione del Mondo a Spagna ‘82, il milanese nato a due passi da San Siro si trasferisce a Udine (in B), quindi raccoglie la proposta del compianto Paolo Mantovani per vestire la maglia blucerchiata della Samp: con la quale vince scudetto, Coppa Italia, Supercoppa italiana e Coppa delle Coppe. Dossena è pure stato tra i protagonisti dell’ultimo successo del Torino a San Siro contro il Milan. Era il 24 marzo del 1985, e a decidere la sfida fu un gol di Schachner.
 
Beppe Dossena: una testimonianza di quella partita? 
 
«Ricordo poche immagini, al di là del gol di Walter. Però le emozioni affiorano: fu una grandissima soddisfazione, vincere a Milano. A maggior ragione per me che ero nato e cresciuto a due passi da San Siro». 
 
Quella vittoria vi diede lo slancio per vivere un campionato da protagonisti, chiuso al secondo posto alle spalle del Verona. 
 
«Senza dubbio. E in proporzione lo stesso può succedere al Toro». 
 
Ci spieghi? 
 
«Innanzitutto l’occasione è ghiotta: il Milan ha valori tecnici superiori, ma i granata in questa fase sono più squadra, sono più compatti dei rossoneri. Il Milan è entrato in un loop pericoloso, mentre il Toro è più libero di testa. Vincere a Milano dopo i tre punti in casa e il successo in Coppa Italia avrebbe conseguenze pratiche legate alla classifica, e darebbe una carica potenzialmente decisiva, nell’ottica di puntare al settimo posto». 
 
I rossoneri come possono uscire da questa complessa situazione? 
 
«La fortuna del Milan si chiama Paolo Maldini. È il leader attorno al quale stringersi per ripartire. In questa fase è palese la difficoltà della squadra a ricevere ogni input, che sia tattico o motivazionale. Maldini ne ha vissute parecchie, ha esperienza nel gestire i rapporti, è la base sulla quale riedificare il Milan. Pioli sta incontrando evidenti difficoltà, ma ciò non toglie che gli vada riconosciuto il lavoro straordinario compiuto nella passata stagione. Lo scudetto è stato un capolavoro sportivo, e i meriti di Pioli nella sua conquista sono stati ampi. Di sicuro non aveva la squadra più forte, ma con la giusta alchimia e un prezioso lavoro tattico è arrivato davanti a tutti».
 

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