Torino, Miranchuk dice sì alla Russia

Preconvocazione in nazionale per il trequartista granata: Aleksej non vuole che gli orrori della guerra condizionino lo sport. Tornerà in patria per giocare e poi andrà anche in Iran

Nessun no per ragioni di principio, nessuna forma di obiezione di coscienza, nessun Grande Rifiuto dietro l’angolo, dalle parti di Miranchuk, per esprimere pubblicamente (e politicamente) motivi di dissenso. E poi non è mica stato Putin a chiamarlo, lo sport e la guerra sono situazioni da tenere distinte, si dicono nel Torino: libertà di scelta, di conseguenza, e nessun caso diplomatico destinato a esplodere nei prossimi giorni sull’asse Italia-Russia per via di una convocazione in nazionale, però con davanti agli occhi gli orrori della guerra in Ucraina. Il calcio nella patria di Aleksej Miranchuk è andato ugualmente avanti, durante questo folle conflitto ordito dalla Russia.

Il calcio in Russia

La Premier Liga è in corso (nello scorso weekend si è disputata la 18ª giornata), così come la Coppa nazionale (che ha fine febbraio ha visto andare in scena le partite degli ottavi). All’estero, però, gli impegni della nazionale sono banditi dall’anno scorso, come la presenza di squadre russe nelle Coppe internazionali: si sa. E certo il pallone in Russia rotola molto di meno e molto meno velocemente che in passato. Spiegava a fine febbraio Nikolai Yeremenko, direttore del giornale “Sovetskij Sport”: «Il calcio russo si sta rapidamente deteriorando. Siamo ancora lontani dalla rovina completa, anche se si sta assistendo a un veloce declino. Il nostro calcio è diventato noioso da guardare. Per noi non c’è più la Champions League, ci è rimasto soltanto il campionato». Anche la diaspora di stranieri tornati ai loro Paesi di origine si è pressoché completata già nel corso dell’anno scorso: basti ricordare che durante i Mondiali solo due giocatori non russi provenivano dal campionato che si gioca sotto l’ombrello del regime di Putin.

La nazionale di Karpin

Ci si può chiedere se sia diventata di regime (più che di calcio) anche la nazionale guidata da Valerij Karpin, 54enne ex centrocampista con alle spalle una lunga carriera tra Mosca e la Spagna, ex tecnico del Rostov, dall’estate del 2021 commissario a tempo pieno della selezione russa: è stato lui a diramare nei giorni scorsi le preconvocazioni in vista del ritiro che si svilupperà dal 19 marzo al 28, durante la sosta generalizzata per le nazionali. «Non abbiamo ancora affrontato nei dettagli la questione. Lo faremo nel momento in cui, nei prossimi giorni, dovesse arrivare la convocazione vera e propria», diceva Juric dopo il Bologna. Ma già si sa che Miranchuk non si opporrà affatto alla convocazione: anzi, da calciatore famoso del suo Paese la vede come un motivo di orgoglio sportivo. Potrà poi anche incontrare la famiglia rimasta in patria (come già fece per una settimana a novembre, subito dopo la sospensione del campionato italiano in vista dei Mondiali). E, convocazioni (definitive) permettendo, potrà anche giocare col fratello gemello Anton, centrocampista della Lokomotiv Mosca, 21 presenze e 3 reti in nazionale (a novembre le sue ultime comparsate, nelle amichevoli contro Tagikistan e Uzbekistan). Appuntamento il 19 marzo a Novogorsk, successivo spostamento a Teheran per l’amichevole con l’Iran il 23, quindi il test in Russia a Sochi il 27 con l’Iraq (sono tra le pochissime nazionali che accettano ancora di affrontare con i russi). Infine il rientro in Italia, il giorno dopo. Per il granata, in carriera, 41 presenze e 6 reti in nazionale: l’ultima volta nel novembre del ‘21, tre mesi prima che la Russia invadesse l’Ucraina. Quando poi Aleksej si abbracciò nello spogliatoio a Zingonia con l’ucraino Malinovskyi, all’epoca compagno di squadra.

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