25 aprile, dal Torino alla lotta per la libertà

I partigiani Neri, Raf Vallone, Dino Ballarin, l’antifascismo dei fratelli Staccione, l’impegno di Erbstein: l’anniversario della liberazione per sempre
25 aprile, dal Torino alla lotta per la libertà

TORINO - Il comandante Vincenzo Lega, il partigiano “Nello”, sarebbe stato fucilato dai tedeschi a Forlì appena 2 mesi dopo, nel settembre del 1944. A luglio era stato lui, con alcuni compagni, a trovare Bruno Neri, nome di battaglia “Berni”, e Vittorio Bellenghi, “Nico”. Cogliamo dalla sua relazione inviata a un altro partigiano, Antonio Farneti: «Lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi era straziante in quanto i corpi dei nostri poveri compagni presentavano orrende mutilazioni prodotte con arma da taglio, il che significava che la rabbia nemica si era selvaggiamente sfogata mentre forse, benché agonizzanti, erano ancora in vita». Neri e Bellenghi si erano diretti in perlustrazione verso Gamogna, sul crinale appenninico tosco-romagnolo, «quando (...) s’imbatterono in un gruppo di una quindicina di tedeschi». Un testimone oculare riferì i fatti a Lega: «Ricorda di aver visto che uno» dei due partigiani, «forse Bruno Neri, colpito alla testa, si rivoltava su se stesso, sparava ancora due colpi e rimaneva poi immobile». Chiudeva così per sempre gli occhi il vicecomandante del battaglione Ravenna: Neri, il mediano partigiano.

Torino, la storia di Neri

Nel 1931, tredici anni prima, quando giocava nella Fiorentina, aveva già dimostrato coraggio: unico a non fare il saluto romano alle autorità in occasione dell’inaugurazione del futuro stadio Franchi, all’epoca intitolato a Giovanni Berta, fascista ucciso da militanti comunisti. Neri avrebbe poi giocato nella Lucchese di Erno Egri Erbstein, nel 1936-’37. E lì i suoi ideali di libertà (già meritevolmente trasmessi dal cugino Virgilio, notaio antifascista, futuro partigiano) trovarono ancor più terreno fertile. Perché Erbstein, quello straordinario allenatore ungherese, poi stratega e dt del Grande Torino, era non soltanto uno dei tecnici migliori in Italia, ma anche un uomo di larghe vedute. Coltissimo, strenuo difensore di quegli stessi valori di democrazia e libertà che oggi permeano la nostra Costituzione. Sarebbe poi stato perseguitato per le sue origini ebraiche: in Italia, in Germania, in Ungheria, tra mille peripezie, trovandosi lui e la sua famiglia più volte faccia a faccia con la morte. Non a caso la Lucchese sarebbe poi stata definita “la squadra più antifascista d’Italia” per il numero di giocatori in modi diversi resistenti. E assolutamente non per caso Erbstein, Neri e il portiere Aldo Olivieri, il Gatto Magico, campione del mondo nel 1938, alla fine degli Anni 30 si sarebbero ritrovati tutti nel Torino di Ferruccio Novo, meraviglioso personaggio che poi avrebbe aiutato in tanti modi Erbstein a sfuggire alle persecuzioni.

L'antifascismo granata

Olivieri, che incontrammo nel 1999, ci disse: «Non sono mai stato fascista. Quando giocavo fui anche punito dall’arbitro perché non volli fare il saluto romano. Mai ho preso la tessera: se si ama la libertà, non si può essere fascisti». Quello stesso Neri (2019 presenze in A e 3 in Nazionale) nei tempi fiorentini aveva giocato anche con Staccione, tra il 1929 e il ‘31: Vittorio Staccione, centrocampista, campione d’Italia nel 1927 con il Torino come il fratello Eugenio, portiere di riserva. Tutti e due sin dagli Anni 20 antifascisti, nel ‘45 morti nel lager di Mauthausen dove erano stati deportati per la loro attività di sovversivi (in particolare all’interno dei movimenti operai nelle fabbriche torinesi: innumerevoli i pestaggi subiti e gli arresti). Oltre alla Lucchese, anche in quel Torino Anni 30 si era creato un humus particolarmente favorevole a ideali di libertà. Tra il ‘34 e il ‘41 aveva giocato in granata anche Raf Vallone, mezzala, grande attore nel dopoguerra, giornalista, partigiano nelle schiere di “Giustizia e Libertà”, arrestato, incarcerato a Como, scappato gettandosi nel lago durante un trasferimento, subito dopo di nuovo in prima linea per combattere il nazifascismo, amico dei giocatori del Grande Torino. E del futuro Grande Torino di Erbstein il terzo portiere era il fratello di Aldo Ballarin, Dino: partigiano della Brigata Clodia guidata dall’altro fratello Renato, a Chioggia.

Gli altri partigiani della storia

Non furono soltanto costoro i calciatori partigiani della storia d’Italia. Molti altri parteciparono in modi diversi, più o meno da protagonisti, dapprima alla lotta clandestina antifascista e poi alla Resistenza. La bandiera romanista Losi, l’empolese Castellani, Frigo del Vicenza, il lariano Moretti e altre decine di eroici italiani, molti dei quali martiri. A loro è dedicato il libro “Cuori partigiani”, splendido lavoro di Edoardo Molinelli (Hellnation Libri, 2019). Noi, a tutti coloro che lottarono contro la dittatura, contro il fascismo e il nazifascismo, dobbiamo soltanto ripetere grazie. Ricordando con rispetto. E studiando. Il loro sacrificio è la nostra libertà da 78 anni. La libertà di tutti. Valore indiscutibile, da difendere sempre: anche adesso.

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