La Hall of Fame del calcio accoglie Egri Erbstein, l'uomo dietro al Grande Torino

Lunedì a Coverciano il doveroso riconoscimento all'uomo che fu dg, ds e allenatore di quella squadra leggendaria. Marani: "Innovatore di intelligenza acutissima"
La Hall of Fame del calcio accoglie Egri Erbstein, l'uomo dietro al Grande Torino

TORINO - "Il coraggio è necessario per avere la tranquilla convinzione che non ci sono pericoli, quindi è sciocco avere paura. Dobbiamo avere il coraggio di non avere paura". Oppure: "Bisogna lavorare sodo, il sinonimo del lavoro è il sudore. Coraggio + sudore + calma + classe = ricetta della vittoria". Stiamo cogliendo dagli appunti di Erno Egri Erbstein: grandi appunti per grandi discorsi da tenere ai grandi giocatori del Grande Torino. "Dobbiamo giocare bene: questo è un imperativo categorico", scrisse e disse prima di un derby. "Siete considerati semidei, non semplici calciatori. Dal maestoso al ridicolo c’è un passo solo. Perdere male vorrebbe dire uscire dal campo non più come individui ammirati, bensì come burattini accompagnati dalle beffe crudeli del pubblico, che non ammette la debolezza nei propri idoli".

Lo immaginiamo, ora, mentre guarda gli attaccanti negli occhi, per caricarli: "Il gol è il do di petto del tenore che incanta e soggioga il pubblico e l’avversario nello stesso tempo". Naturalmente il Grande Torino sconfisse la Juventus, il do di petto lo emise quel centravanti acrobata che era Gabetto e alla fine i Campioni chiusero il campionato (1946-’47) con addirittura 10 punti di vantaggio proprio sui bianconeri. Ma la lezione più bella di tutte forse è questa, sempre rovistando tra gli appunti del direttore tecnico e allenatore ungherese, già giocatore di classe, uomo colto, fervido studioso di letteratura e filosofia, sensibile e carismatico, intelligentissimo, artefice del Grande Torino al fianco del presidente Novo: "La partita è anche una questione di nervi. Non lasciarsi innervosire, provocare, influenzare da niente. La vittoria è completa quando non solo tecnicamente, ma anche come fair-play, come condotta calma e disciplinata, si è superiori all’avversario".

Lunedì la cerimonia a Coverciano

Adesso un altro foglio, e sempre quella sua calligrafia: "Sorridere nello spogliatoio e quando si esce in campo. L’avversario entra duro, l’arbitro sbaglia: sorridere. Sbaglia ancora: sorridere. L’avversario segna: sorridere. Segniamo noi: sorridere, sorridere, sorridere! L’avversario ci sfotte, ci offende: sorridere!". La notizia è bella ed emozionante, rende felici: lunedì, a Coverciano, Erno Egri Erbstein sarà ufficialmente inserito nella Hall of Fame del Museo del Calcio della Federcalcio, con una cerimonia che sarà trasmessa dalla Rai (dalle 18 e 30). Tra gli ospiti d’onore, al fianco dei presidenti della Federcalcio, Gravina, e del Museo del Calcio, Marani (presidente anche della Lega Pro), la figlia del dt: Susanna Egri, artista di fama internazionale della danza senza tempo. Nella Hall of Fame del calcio italiano Egri abbraccerà i già presenti Valentino Mazzola e Ferruccio Novo. Lunedì, categoria per categoria, saranno celebrati anche gli ingressi di Zola, Altobelli, Girelli, Zidane, Mourinho, Mihajlovic e del giornalista Sconcerti.

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Erbstein, la felicità di Marani

Matteo Marani è due volte felice: sappiamo bene quanto si è impegnato affinché Egri Erbstein avesse il giusto riconoscimento nazionale (in una formidabile persona sola, Erno incarnò la triplice figura di dg, ds e allenatore: più ancora di un Ferguson, cinquant’anni prima di Ferguson). "Egri Erbstein è stato un personaggio straordinario. Ha reso un servigio meraviglioso allo sviluppo del calcio", dice Marani, storico del calcio, scrittore, giornalista. "Sia da allenatore, sia da dirigente fu un precursore, un innovatore di intelligenza acutissima. Davvero artefice con Novo del Grande Torino: stagione dopo stagione, già prima degli anni Quaranta. E poi anche quando era dovuto scappare all’estero per le leggi razziali, continuando ad aiutare il suo presidente in clandestinità. Infine, dopo la guerra: libero, felice, sempre vincente alla guida di una squadra che è stata così formidabile da diventare, idealmente, anche la squadra di tutti gli italiani, in quei durissimi anni di rinascita dopo la Liberazione. E al fianco dei suoi ragazzi perse la vita. Egri è anche la storia della grande scuola calcistica ungherese. Lunedì sarò felice di accompagnare la signora Egri nel Museo del Calcio. Ci tengo a mostrarle la maglia granata di Maroso: è l’unica divisa di club esposta nel Museo, proprio perché il Grande Torino è stato ed è ancor oggi la squadra di tutti. E va al di là di tutto, appartiene a una categoria superiore dello spirito nazionale, è un fiore dell’Italia libera da onorare sempre. E quel fiore è nato anche grazie all’immenso contributo di quell’uomo forte e buono che è stato Erno Egri Erbstein".

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TORINO - "Il coraggio è necessario per avere la tranquilla convinzione che non ci sono pericoli, quindi è sciocco avere paura. Dobbiamo avere il coraggio di non avere paura". Oppure: "Bisogna lavorare sodo, il sinonimo del lavoro è il sudore. Coraggio + sudore + calma + classe = ricetta della vittoria". Stiamo cogliendo dagli appunti di Erno Egri Erbstein: grandi appunti per grandi discorsi da tenere ai grandi giocatori del Grande Torino. "Dobbiamo giocare bene: questo è un imperativo categorico", scrisse e disse prima di un derby. "Siete considerati semidei, non semplici calciatori. Dal maestoso al ridicolo c’è un passo solo. Perdere male vorrebbe dire uscire dal campo non più come individui ammirati, bensì come burattini accompagnati dalle beffe crudeli del pubblico, che non ammette la debolezza nei propri idoli".

Lo immaginiamo, ora, mentre guarda gli attaccanti negli occhi, per caricarli: "Il gol è il do di petto del tenore che incanta e soggioga il pubblico e l’avversario nello stesso tempo". Naturalmente il Grande Torino sconfisse la Juventus, il do di petto lo emise quel centravanti acrobata che era Gabetto e alla fine i Campioni chiusero il campionato (1946-’47) con addirittura 10 punti di vantaggio proprio sui bianconeri. Ma la lezione più bella di tutte forse è questa, sempre rovistando tra gli appunti del direttore tecnico e allenatore ungherese, già giocatore di classe, uomo colto, fervido studioso di letteratura e filosofia, sensibile e carismatico, intelligentissimo, artefice del Grande Torino al fianco del presidente Novo: "La partita è anche una questione di nervi. Non lasciarsi innervosire, provocare, influenzare da niente. La vittoria è completa quando non solo tecnicamente, ma anche come fair-play, come condotta calma e disciplinata, si è superiori all’avversario".

Lunedì la cerimonia a Coverciano

Adesso un altro foglio, e sempre quella sua calligrafia: "Sorridere nello spogliatoio e quando si esce in campo. L’avversario entra duro, l’arbitro sbaglia: sorridere. Sbaglia ancora: sorridere. L’avversario segna: sorridere. Segniamo noi: sorridere, sorridere, sorridere! L’avversario ci sfotte, ci offende: sorridere!". La notizia è bella ed emozionante, rende felici: lunedì, a Coverciano, Erno Egri Erbstein sarà ufficialmente inserito nella Hall of Fame del Museo del Calcio della Federcalcio, con una cerimonia che sarà trasmessa dalla Rai (dalle 18 e 30). Tra gli ospiti d’onore, al fianco dei presidenti della Federcalcio, Gravina, e del Museo del Calcio, Marani (presidente anche della Lega Pro), la figlia del dt: Susanna Egri, artista di fama internazionale della danza senza tempo. Nella Hall of Fame del calcio italiano Egri abbraccerà i già presenti Valentino Mazzola e Ferruccio Novo. Lunedì, categoria per categoria, saranno celebrati anche gli ingressi di Zola, Altobelli, Girelli, Zidane, Mourinho, Mihajlovic e del giornalista Sconcerti.

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