Paradosso Radonjic: è il goleador del Torino nonostante le panchine

Il serbo accantonato in panchina da inizio ottobre Juric, il paradosso: con sole 3 reti resta il giocatore più prolifico

A guardare i numeri, qualche domanda sarebbe lecito farsela. Soprattutto per quanto riguarda il reparto offensivo, che oltre ad essere sterile all'inverosimile non trasmette mai la sensazione di poter colpire la squadra avversaria da un momento all'altro. Tutto normale: se manca qualità diventa tutto più complicato. Come al Toro, una squadra che si concede un lusso: lasciare sistematicamente in panchina il 30% dei gol finora realizzati in campionato. Mister tre reti Nemanja Radonjic, infatti, non si schioda dalla sedia. Neppure quando Ivan Juric è costretto a inseguire gli avversari, nemmeno nel momento in cui i granata hanno la necessità di perfezionare una rimonta. Il serbo tace e osserva. Ma la scusa del cambio di modulo non regge più, soprattutto a partita in corso. Entra Pellegri, entra Karamoh, ma Rado no. Non se ne parla. Nelle ultime 6 gare in A è stato chiamato in causa soltanto per 11 minuti (due comparsate finali contro Sassuolo e Monza: 7 e 4 minuti). Ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli, osservando il mondo Toro da fuori. Poi, però, le scelte dell'allenatore vanno contestualizzate.
Se Radonjic non viene gettato nella mischia, non può essere solo per via del passaggio alle due punte. Il problema è legato essenzialmente a un feeling ormai sgretolato fra il trequartista e l'allenatore. Due mondi che si muovono come una fisarmonica: talvolta vicini a tal punto da toccarsi, spesso lontani fino a perdersi di vista. Oggi Rado è un corpo estraneo al progetto: non si vede un motivo valido per giustificare i novanta minuti in panchina contro il Bologna. O forse sì: un'incompatibilità caratteriale fra allenatore e giocatore ormai insostenibile.

Il paradosso

Il Toro, dunque, vive questo paradosso: il goleador granata con 3 reti, l’uomo che ha segnato più gol di Zapata (1), Sanabria (1), Pellegri, Karamoh e Seck (0) messi insieme resta in disparte. Allo stesso tempo, Juric cerca di giustificarsi: «Giochiamo con due attaccanti ed è penalizzante per Radonjic come per altri. Lo userò quando penso che sarà giusto farlo»: così prima della trasferta di Monza. Juric maschera volontariamente un problema che esiste e che nel tempo, probabilmente, non conoscerà soluzione alternativa rispetto a un aut aut: o l’uno o l’altro. Ne potrà rimanere soltanto uno, fra Juric e Radonjic. Perché se il Toro non concede minuti preziosi ad un elemento che ha vinto praticamente da solo la gara interna contro il Genoa e ha deciso con una doppietta la trasferta di Salerno, allora il problema c’è. La spiegazione relativa al 3-5-2 può reggere per la scelta della formazione iniziale, ma per i secondi tempi non esistono scorciatoie dialettiche.

I due sono separati in casa ormai da un po’. Solo la società può agevolare un dialogo oggi interrotto: sarebbe un bene per il presente, perché se Radonjic dimostrasse di essere vivo, di allenarsi bene e di avere le motivazioni giuste, per il Toro diventerebbe una risorsa fondamentale. Da sfruttare, senza ombra di dubbio. Così come non esistono equivoci su un aspetto: il serbo non ha mai trovato continuità da nessuna parte, in nessun club che ha scelto di dargli fiducia. Lampi, fiammate, scintille e poi il buio pesto, tra polemiche. Di lui, in giro per l’Europa, sono rimasti saltuari colpi da fuoriclasse e un mare di vuoti. I tifosi del Toro lo invocano, con la speranza che la gara contro il Verona non sia stata l’ultima dal primo minuto. Il vero capolinea di un’esperienza ancora una volta deludente, per un talento incredibile come il suo.

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