Scommetterebbe anche sulle azioni di Juric?
«Sì. In Italia, Juric, come Gasperini e pochi altri, è un allenatore che coniuga ciò che serve al calcio di oggi: preparazione fisica, intensità, aggressività. E poi, in un così bel contesto, trova il modo per lanciare giocatori di talento. Il calcio di Juric e Gasperini mi piace. Cairo ha avuto il merito di sostenerlo sempre, Ivan, anche quando il tecnico lo attaccava ripetutamente in pubblico. Allenatori col suo carattere vivono tutto così intensamente da subire stress emozionali fortissimi, che poi li portano anche a fare dichiarazioni mal sopportabili da una dirigenza. Invece Cairo ha sempre perdonato, sopportato e supportato Juric nonostante i suoi errori di comunicazione. E lo ha anche ascoltato, nelle scelte. I risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti, in questi due anni e mezzo».
Ma Juric è in scadenza a giugno.
«Ma secondo me tra febbraio e marzo lui e Cairo rinnoveranno il contratto: la cosa più probabile. Da molto tempo Juric non critica più la società, i toni sono distesi, la classifica è buona e prevedo che sarà anche decisamente migliore, alla fine. La classifica è cortissima e il Toro ha la rosa per lottare per l’Europa League. Ed è sicuramente in lizza per la Conference. Col girone di ritorno inizierà il vero campionato: e il Torino disputerà un ottimo ritorno, ne sono convinto. Ora poi che Juric ha anche trovato il modulo giusto con la doppia punta... Zapata sta tornando a brillare ed è uno che fa la differenza. Anche Sanabria sta crescendo. La svolta è stata giusta, il Toro ha due attaccanti da alta classifica».
Realisticamente, Buongiorno potrà diventare una bandiera?
«Sarebbe bellissimo per come vedo io il calcio: passione e attaccamento alla maglia, prima di tutto. Ma quando un top club italiano o straniero si presenta con una vagonata di milioni davanti a un club meno potente e a un giocatore, diventa quasi impossibile fermare il treno in corsa. Anche perché devi valutare pure l’aspetto motivazionale: quali sarebbero gli effetti sul rendimento di un giocatore trattenuto controvoglia? Anche questo ormai ci si deve domandare, sempre più spesso».
La sua risposta è un assist per chiederle della Superlega.
«Una svolta epocale, ciò che è successo. D’ora in poi un’eventuale scissione di club in Europa sarà possibile, è stata legalizzata. Non subito, ma non mi stupirei se tra una decina anni avessimo una Nba in salsa europea. Il trend sembra chiaramente questo, viste le multinazionali, i fondi e le potenze economiche sempre più gigantesche in ballo attorno al calcio d’élite. Oltre agli arabi, naturalmente. Quando i tribunali ordinari mettono mano al calcio creano scompiglio. Lo si era già visto ai tempi di Bosman o con la legge 91. Però questo è un terremoto enormemente più grande. Io sono contrario, perché queste svolte nei tribunali non sempre portano benefici. Oppure li portano solo a pochi club, che sono già i più ricchi e potenti. Nei fatti, la Superlega sarebbe un torneo quasi esclusivamente a iscrizione, svuoterebbe di interesse i campionati nazionali, la forbice tra pochi club e tutti gli altri diventerebbe ancora più enorme, in particolare le società di medio e medioalto livello sarebbero le più danneggiate. Il tutto, a vantaggio anche di club che già non rispettano nemmeno il fairplay finanziario... E poi penso ai tifosi: la massa non capirebbe. Io sono per il calcio antico: la passione che si tramanda di padre in figlio, gli stadi pieni, le qualificazioni alle Coppe frutto solo di meriti guadagnati sul campo... Cosa sarà il nostro calcio tra 10 o 15 anni? Solo uno show plastificato, temo, per pochi club eletti, che si invitano tra loro a tavolino a giocare un torneo con la certezza tutti gli anni di incassi smisurati da tv e sponsorizzazioni. Non è il mio calcio, ma nemmeno quello di milioni e milioni di tifosi».