Juric, la stagione in 90’: con la Juve ultima chance per non fallire

L’orgoglio di salutare Cairo dopo avergli consegnato l’Europa si scontra con il rischio di naufragare già adesso. E i tifosi aspettano tutti al varco
Juric, la stagione in 90’: con la Juve ultima chance per non fallire© LAPRESSE

TORINO - Per due volte, da un angolo dello stadio, un bianconero suonò il citofono e per due volte il portiere dell’hotel aprì subito la porta. Uscita a farfalle di Vanja, 1 a 0 di Gatti. Altro salto a vuoto e 2 a 0 di Milik. E per poco, sempre con la medesima dinamica, non maturò anche il 3. Era il 7 ottobre e Juric si presentò ai giornalisti con gli occhi gonfi, dando la sensazione di essere sul punto di scoppiare in lacrime. Ma così scosso, avvilito. «Mi dispiace da morire per i ragazzi che ce l’hanno messa tutta e per i tifosi che ci credevano e a cui volevo regalare un momento di grande felicità. Ero convinto di riuscirci, invece...». Invece arrivò la quarta sconfitta nel derby in cinque sfide con Ivan al comando, con nove gol incassati e solo tre segnati. Unico pareggio: il 18 febbraio del ‘22. Due anni fa, abbondanti. E di quelle cinque partite almeno tre lasciarono ai tifosi l’amarissima sensazione di non averle nemmeno giocate al massimo delle possibilità. Come se la squadra avesse avuto il freno a mano tirato più per una reiterata ansia da prestazione e per timori da ginocchia ballerine che per l’oggettiva superiorità dell’avversario quanto a rosa, a cifra tecnica generale e ad alternative in panca. Proprio il Toro di Juric, toh: proprio con Juric, che avrebbe dovuto indossare l’armatura di una Giovanna d’Arco per tre anni e non solo nella prima stagione in granata. Invece anche con Ivan, ex Terribile, i derby sono finiti praticamente come tutti gli altri, nel (quasi) ventennio di Cairo: un successo appena, per sbaglio e per manifesto scarso interesse juventino (2015, scudetto già in saccoccia).

Juric: "Juve, arriviamo fiduciosi"

Toro, il derby del giudizio

Una tortura, già. Una tortura, sì. Ecco il contesto storico e ambientale che attenderà il Torino, sabato. Il derby del giudizio, proprio perché il dente duole da morire, dopo Empoli. Da una parte l’orgogliosa speranza di Juric di salutare Cairo (e Vagnati) a fine stagione dopo aver battuto la Juve e conquistato l’accesso in Conference, in extremis. Dall’altra, il concreto rischio di veder naufragare tutto in novanta minuti già adesso a metà aprile. La botta dell’altro ieri sera, per quanto assurda e incredibile fin che si vuole, è sì scesa dal cielo, ma anche perché qualcuno l’ha aspirata dalla terra: e non pensiamo tanto alla tattica dell’Empoli, tutta difesa e contropiede, quanto ai limiti di troppi granata. Perché se si falliscono più occasioni d’oro sullo 0 a 0 (Sanabria) e poi si regalano l’1 a 0 (Tameze non marca Cambiaghi e a Vanja si piegano le solite mani), il 2 a 1 (Vojvoda perde scioccamente la palla e tutta la squadra si ritrova improvvisamente troppo sbilanciata e mal messa) e pure il 3 a 2 (l’incertezza ferale di Bellanova), allora c’è poco da dire che «era destino», come ha sunteggiato Juric. Il Toro ha rari giocatori di medioalto livello e la panchina è davvero modesta. Al di là dell’erroraccio di Empoli, soltanto Bellanova, Buongiorno (aggiungeremmo Schuurs, ma ha praticamente perso tutta la stagione) e Zapata hanno disputato un campionato sopra le righe. Tutti gli altri? L’inossidabile Rodriguez e qualche bagliore più o meno estemporaneo: Vlasic, Ricci, Tameze. Questo è il Toro. Però occorre sintonizzarsi sulle frequenze dell’aurea mediocritas (che però in questo caso va rielaborata e tradotta in un tranquillo grigiore, il canonico decimo posto o affini del cairismo) per trovare sul piccolo schermo anche la resa di Juric, in questa annata. Resa, nel senso di rendimento. Però è alto, altissimo il rischio che sabato sera si debba parlare di resa anche nel senso di bandiera bianca. Stagionale.

Juric, un derby per non parlare di fallimento

«Volevo che i ragazzi non si ponessero limiti. Avevamo concluso bene la scorsa stagione, per cui ci aspettavamo un inizio di campionato diverso. Tra infortuni ed errori abbiamo sbagliato molto, io per primo. Avrei dovuto reagire meglio, non sono riuscito a trasmettere quel qualcosa in più. Mi sento incompiuto. Provo grande rammarico per i tifosi, una roba brutta. Dopo due anni e mezzo che sono qui, mi dispiace molto non aver dato loro una gioia contro la Juve»: sembrava un discorso quasi di commiato quello di Juric post derby del portiere (d’hotel) e di un secondo tempo complessivamente non giocato dai granata, rientrati in campo tremebondi dopo l’intervallo. Servirebbe una secchiata di rabbiosa lucidità per uscire dalla fangosa sfiducia del post Empoli. Altrimenti diventerebbe già fallimentare la stagione, di fronte all’ennesima sconfitta in un derby. Non certo fallimentare il triennio di Juric nel suo complesso, se si ripensa con obiettività al biennio da incubo precedente, con la B negli occhi. Ma per una società che aveva chiuso il mercato estivo con il comandamento dell’Europa e per un allenatore che settimane fa sentenziava: «potrei restare solo se andassimo nelle Coppe», l’ennesimo colpo al cuore in un derby ingenererebbe davvero un senso di fallimento, seppur ristretto all’ultimo anno del tecnico, in scadenza contrattuale e col destino già segnato, a giugno. I tifosi attendono tutti al varco: Empoli ha detto questo, quando le luci dei riflettori si sono spente.

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