Nonostante la contestazione rivolta da tempo contro il presidente Urbano Cairo, sul campo il Torino vola. Grande merito va al lavoro svolto da Paolo Vanoli. Reduce dalla promozione ottenuta alla guida del Venezia, il tecnico è sbarcato al Torino in un clima di totale sfiducia dei tifosi nei confronti della società, accusata di vendere i pezzi migliori (in estate Alessandro Buongiorno e Raoul Bellanova) senza rinforzare adeguatamente la squadra. Zitto zitto, lavorando quotidianamente, Vanoli è riuscito a trasformare almeno un po’ di questo scetticismo in ottimismo. E lo ha fatto passando dall’unica medicina valida per il tifoso: i risultati.
La destrutturazione del Toro
Per ottenerli, il cinquantaduenne allenatore varesino è passato da una destrutturazione di quella identità che i granata avevano acquisito durante la precedente gestione tecnica di Ivan Juric. Sotto la guida del croato infatti il Toro era essenzialmente una squadra che attaccava difendendosi. I granata erano estremamente aggressivi fin da subito, allo scopo di conquistare palla nella metà campo avversaria per poi imbastire rapide transizioni. Quando invece erano chiamati a fare la partita o a dover sottostare a lunghe fasi di controllo del gioco gli uomini di Juric facevano fatica proprio perché, essendo una formazione molto verticale, la squadra non disponeva di una struttura che le consentisse di produrre occasioni da rete tramite un possesso articolato. Di fatto, in fase di attacco a difese schierate il compito di creare palle gol era affidato al talento e alle iniziative dei singoli. L’arrivo di Vanoli ha mutato questo contesto. Ora il Toro è infatti in grado di alternare attacchi diretti ad una manovra più palleggiata, che coinvolge meglio i centrocampisti.
L'importanza di Ricci e Ilic
In questo senso il calcio lungo di Vanja Milinkovic-Savic resta un’opzione in fase di costruzione, ma non l’unica. Potendo contare su elementi quali il nazionale della Guinea Equatoriale Saul Coco, il marocchino Adam Masina, il kosovaro Mergim Vojvoda, il cileno Guillermo Maripan e il polacco Sebastian Walukiewicz, il Torino è anche in grado di far uscire palloni puliti da dietro in costruzione. E questo sia manovrando palla che tramite conduzioni che consentono ai tre centrali di guadagnare campo in avanti aggiungendosi alla seconda linea o anche più in là. A centrocampo inoltre la svolta verso un calcio di maggior possesso ha liberato il talento di Samuele Ricci e Ivan Ilic. I due interni infatti, supportati dalla copertura di Karol Linetty, hanno adesso la possibilità di far valere le proprie qualità in regia, oltre a essere stimolati a invadere l’area di rigore avversaria per andare a supporto degli attaccanti.
Un attacco stellare
A tal proposito, in avanti Vanoli può contare su Duván Zapata e Ché Adams. I due formano una coppia dal sapore antico, col colombiano che svolge il ruolo del classico attaccante grande e grosso e con lo scozzese che è invece la seconda punta più piccola, quella che una volta andava in campo con la maglia numero 11. Zapata, Adams e anche Tonny Sanabria hanno già trovato un ottimo affiatamento, riuscendo a eseguire perfettamente quei movimenti combinati (velo, uno va in profondità e l’altro viene incontro…) che caratterizzano solitamente il gioco di chi schiera una coppia di punte centrali. Zapata e Adams inoltre sono funzionali sia alla fase realizzativa (entrambi sono a quota due reti realizzate) sia quando si tratta di tenere palla per consentire ai compagni di salire. A loro supporto ci sono poi i quinti. Il Torino ha perso un elemento importante come Raoul Bellanova, ma in Borna Sosa e Valentino Lazaro ha comunque a disposizione due stantuffi in grado di poter mettere qualche buon pallone nel mezzo.
La fase offensiva funziona: il dato sugli xG
Con una media di 16 cross a partita i granata non sono fra le squadre che ricorrono maggiormente alla palla esterna come arma di rifinitura, a riprova della capacità della squadra di poter alternare gli attacchi in ampiezza con quelli nei corridoi centrali del campo. Che la fase offensiva funzioni lo conferma il fatto che, a livello di expected goals prodotti escludendo i rigori, il dato del Torino (6.36 xG secondo il modello Opta) è fra i migliori del campionato. In fase difensiva gli avanti danno poi un buon contributo quando il Torino va a pressare alto. Una situazione che non è ricercata costantemente, in modo ossessivo, come sotto la scorsa conduzione tecnica. Con Vanoli infatti il Toro alterna fasi di pressione alta ad altre di difesa in zone arretrate di campo, ma sempre cercando di essere aggressivi sul portatore. Alla fine quindi Vanoli, bravo anche a gestire i cambi a gara in corso, può lamentarsi soltanto della prestazione fornita dai suoi contro il Lecce. In tutte le altre gare il Torino è stato all’altezza della situazione.