TORINO - Quella che Nikola Vlasic s’è trascinata dietro per mesi è una tra le patologie più subdole, per un calciatore: la pubalgia emerge ma non se ne va, o almeno per lungo tempo è in grado di illudere l’atleta di essere guarito salvo poi tornare a mordere invalidandone le prestazioni. I tempi guardando al croato sono biblici, purtroppo in linea con quelli di una problematica che colpisce a ondate.
Vlasic ha avuto chiari un prima e un dopo, nel Torino: il meglio l’ha dato tra l’estate e l’autunno inoltrato del 2022, cioè prima del Mondiale che si giocò in Qatar dal 20 novembre al 18 dicembre. Il croato era arrivato al secondo anno granata di Juric, con la voglia di rivalsa montata in una stagione di basso profilo al West Ham arrivata dopo due annate invece positive con il Cska Mosca (se in Premier League ha segnato un solo gol, nelle ultime due in Russia ne ha invece realizzate 23).
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Vlasic, il calvario post Mondiale
Nel campionato italiano i numeri sono stati anche migliori di quelli maturati a Mosca: tre le reti nelle prime cinque di Serie A, con il filotto di un gol a gara tra la terza e la quinta. Dopo aver passato la frazione iniziale della prima partita di quel torneo in panchina (Monza-Torino 1-2), Vlasic nella ripresa subentra per Miranchuk. Da quel momento in poi senza più togliere piede dal campo fino allo stop per il Mondiale. Caduto dopo 15 giornate chiuse dal jolly - in grado di ricoprire più ruoli sia a centrocampo che svariando lungo il fronte offensivo - con 4 gol e 2 assist.
Poi, in Qatar, Vlasic è impiegato in 6 partite sulle 7 disputate da una Croazia che chiude al terzo posto dopo aver superato il Marocco nella finale per il terzo e quarto posto. Una continuità di impegni che il giocatore finisce per pagare a caro prezzo. Le sollecitazioni sono importanti, e tali da impedirne il lavoro continuo e la conquista di un buono standard di resa fisica. Per il numero 10 del Torino inizia un autentico calvario, fatto di partite giocate con il freno a mano tirato, alternate ad allenamenti attraversati con l’impossibilità di spingere come vorrebbe. «Vlasic ha la pubalgia da mesi ma va oltre - diceva a maggio Juric parlando del granata -. Sono orgoglioso di tutti, ma di lui in particolare per come stringe i denti», completava il tecnico che con il calciatore condivide i natali (entrambi sono di Spalato).
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Vlasic pronto al riscatto
Si può così facilmente entrare nella testa di Vlasic, da una parte esempio di resistenza mentale e fisica, di dedizione e disponibilità alla sofferenza sportiva, dall’altra atleta oggettivamente penalizzato dalla pubalgia, e quindi impedito nell’esprimersi al meglio come tale. Ora, dopo un’estate di lavoro senza sosta, e con un’Europeo di fatto perso per infortunio, per Vlasic è arrivato il tempo di godersi il riscatto. La prima soddisfazione personale non ha collimato con quella collettiva, ma dopo aver dato l’arrivederci a maggio (ko il 3 maggio in casa col Bologna), ed eccezion fatta che per una fugace apparizione contro il Portogallo in amichevole a giugno, finalmente domenica contro la Lazio è tornato a salutare i tifosi dal prato. Suo, l’assist per Adams che ha ridato fiato alle speranze granata, poi soffocate dal nuovo gol biancoceleste firmato da Noslin. Ora tutta la voglia accumulata negli ultimi mesi è vicina ad avere l’occasione di essere sfogata: contro l’Inter il croato potrebbe giocare dal primo minuto, con Ricci e Ilic, o con l’azzurro e Linetty se Vanoli cercasse una sintesi tra palleggio e interdizione. Ma se anche dovesse entrare a partita in corso avrebbe la possibilità di incidere, e farlo a San Siro contro l’Inter sarebbe il modo ideale, per tracciare definitivamente una linea che possa separare questa ripartenza dal recente passato.