Dopo le contestazioni, ultimamente sempre più forti, Urbano Cairo esce allo scoperto. Lo ha fatto all’evento “Sport Industry Talk”. Il numero uno ha aperto la porta alla cessione del Torino, consapevole che la gente di fede granata non si accontenta più di un piazzamento mediocre che nel migliore del modi oscilla tra il 10º e 12º posto. Ammette - e lo scopriremo a breve - che non intende investire più di tanto per avere maggiori certezze di competitività. Tiene sempre un po’ troppo d’occhio il bilancio, non vuole indebitarsi anche se poi questo volesse dire guadagnare, più avanti. Il problema è che anche in quest’ultima sessione di mercato, tra l’altro, sono arrivati giocatori non all’altezza di quelli della passata stagione e questo chiama in causa pure Vagnati. Che ha pochi soldi a disposizione ma anche poche intuizioni. Il direttore tecnico è in scadenza di contratto e nonostante abbia trovato l’accordo con Cairo il suo rinnovo non è ancora stato ufficializzato.
Ma torniamo al presidente che domenica 1 dicembre raggiungerà Pianelli (entrambi 7030 giorni di presidenza) e lunedì diventerà il proprietario più longevo della storia granata il giorno prima del 118º (3 dicembre) compleanno del Toro. Alla vigilia di tutto ciò vuota il sacco senza giri di parole. «Io non voglio rimanere a vita al Torino, ma nel momento in cui prenderò in considerazione la possibilità di andarmene vorrei lasciarlo a qualcuno più ricco e più bravo di me che metta sul mercato quei 20-30 milioni che io non ho per fare il salto di qualità. Non voglio indebitarmi. Quindi lo ribadisco: non intendo rimanere a tutti i costi, i ventenni finiscono...».
Cairo ed il Torino
Il patron granata riavvolge il nastro per analizzare la sua esperienza granata che pare proprio arrivata ai titoli di coda anche se già in passato, nel 2010 dopo una sconfitta contro la Salernitana e nel marzo del 2011 (addirittura con una lettera pubblicata sul sito del club) aveva manifestato le stesse intenzioni. E poi si è visto come è andata a finire: «Volete sapere perché continuo a prendere insulti?». E qui si rivolge ai tanti contestatori. «Ho preso il Toro 19 anni fa su consiglio di Chiamparino. Il sindaco era preoccupato per il possibile fallimento del club e io accettai anche perché avevo una mamma tifosissima, ma nello stesso tempo molto prudente. Però in quest’occasione, visto che c’era in ballo il Toro, perse la testa e mi spinse ad acquistarlo. Nel mio periodo, lo ammetto, ci sono state stagioni belle e altre meno ma da 13 anni siamo in Serie A senza particolari problemi. Spesso ci portano come esempio da inseguire l’Atalanta, ma i bergamaschi hanno l’X Factor... Nel 2015, quando è andato via Ventura, stavo per prendere io Gasperini, ma il Genoa mi bloccò l’operazione. E non tutti sanno che al mio arrivo al Torino a disposizione non c’erano neppure i palloni».
Ricordiamo, per chiarire la portata dell’inversione rispetto a “ieri”, che poco tempo fa nel momento in cui sono saltate fuori con voci insistenti che vedevano il colosso RedBull interessato al Toro, il presidente granata così ha risposto: «Non ho avuto contatti con nessuno. Punto. L’ho detto e lo ripeto adesso. Non posso smentire tutti i giorni. Basta. Io ho detto che il Torino non voglio venderlo».
Attenzione, però: rispetto a qualche settimana fa (esattamente dopo Torino-Fiorentina del 3 novembre) tante cose sono cambiate. La contestazione nei suoi confronti è diventata sempre più forte. La gente di fede granata ha faticosamente digerito la cessione di Buongiorno, e mai perdonato quella improvvisa di Bellanova. Ed è proprio il giocatore dell’Atalanta che ha fatto scattare la rabbia di un popolo che si è sentito ancora una volta tradito. E adesso c’è preoccupazione sul conto di Ricci: l’azzurro, infatti, è richiestissimo dal Manchester City che lo vorrebbe a gennaio, a differenza di Milan e Napoli che sono disposte ad accettare di rilevarlo in estate. In questo contesto avvilente c’è poi la comunicazione di Vagnati, il quale l’ultima volta che ha parlato in televisione ha definito il Torino società ideale per Adams, ma per poi raggiungere club importanti... E in questo contesto di precarietà c’è il “povero” Vanoli, che ha preso in mano il Toro con la promessa di alcuni rinforzi. E invece, a sua insaputa, gli hanno venduto pure Bellanova