TORINO - In piedi sui pedali, con gli occhi che brillano guizzanti come disse di lui Berlusconi, però chissà quanto sbuffando tra le salite, i tornanti di una cessione sempre più agognata dalla tifoseria granata: Cairo può essere visto anche così, pur se non fotografato. Ci dobbiamo accontentare delle sue immagini sull’ammiraglia all’ultimo Giro d’Italia, capelli al vento e braccio piegato per un saluto papale alla folla per strada, pur se da almeno tre lustri non siamo più davanti a sua santità Urbano. Ordunque, stiamo qui parlando del Toro e della seconda corsa ciclistica più famosa al mondo dopo il Tour. Certo non un giro in giostra, nel magma, nel mare magnum di voci, indiscrezioni, conferme parziali, micro e macroconfidenze, valutazioni, riflessioni e pure smentite mai prodotte: indicative anch’esse, per cercare di distinguere la crema da quegli acquitrini formati da una pioggia continua di fake-news, ormai diffuse sui social in progressione geometrica da settimane. Detta in due parole, ma davvero sommariamente: il fondo saudita Pif, impero politico-economico così potente da essere fin incommensurabile per un comune mortale, è sempre più interessato a dare l’assalto al Giro d’Italia, nonché alle altre corse “sorelle” in orbita Rcs.
Cairo-Pif: il pacchetto Toro, stadio e Giro
In questo scenario, può rientrare nel pacchetto (un pacchetto dalle dimensioni finanziarie degne per l’appunto di una potenza di fuoco immensa qual è il fondo sovrano saudita) pure la compravendita del Torino. E naturalmente anche dello stadio Grande Torino, di proprietà comunale (e in Municipio non si vede l’ora di cancellare quelle vecchie ipoteche cimminelliane originariamente da 38 milioni di euro, per poter procedere alla consequenziale vendita dell’impianto: il sindaco lo ripete anche in pubblico ormai da una settimana). Di un fondo Pif in salsa granata, in espansione nel mondo degli sport di maggior richiamo (calcio, ciclismo, tennis, golf...), era già stato detto e scritto nei giorni scorsi anche su diversi media nazionali. Ieri, sull’onda di nuove informazioni confidenziali, le indiscrezioni si sono ulteriormente allargate: e ne possiamo dare conto, pur se con la doverosa, deontologica prudenza. Alzi la mano chi può dire: ho chiamato in Arabia “il signor” Pif e mi ha subito risposto (beh, forse Cairo sì, di questi tempi...).