
TORINO - Resta una sensazione suffragata dai se e dai ma, eppure chiara riavvolgendo il nastro della stagione granata. La domanda: se “solo” Zapata non si fosse rotto, e se “solo” Elmas, Casadei e Biraghi (su Salama il giudizio è sospeso per mancanza di materiale ufficiale da analizzare) fossero stati messi a disposizione di Vanoli la scorsa estate, cosa ne sarebbe stato di questo Torino? Ecco, la sensazione suffragata dai se e dai ma eppure chiara, e che avrebbe quei dieci punti in più che da qui in avanti l’autorizzerebbero a spendersi per entrare nelle Coppe europee. E invece Zapata che dei granata era il cavallo di razza, l’emblema assurto a capitano, s’è fermato in quei primi giorni di ottobre a Milano, mentre molta della qualità è cresciuta dal mercato invernale in avanti. A onor del vero quando proprio la rinuncia a Zapata aveva gradualmente aperto al modulo ora utilizzato, quel 4-2-3-1 nel quale l’ex viola trova posto da terzino mancino, l’azzurro al fianco di Ricci, e il macedone nella posizione di esterno d’attacco di sinistra.
Quindi se il Toro scorrendo la classifica del girone di ritorno è quinto, paradosso sia, lo deve anche all’infortunio del colombiano. O almeno a quella capacità di ritrovarsi dopo una sbandata mica da poco, e costata l’agonia sportiva di quattro punti appena conquistati in nove giornate (tra il 29 settembre e il 1° dicembre). Una vittoria da 1-0 firmata Njie col Como, l’1-1 interno con il Monza, e poi solo amaro: con Lazio, Inter, Cagliari e Roma, Fiorentina e nel derby. E, ancora, il ko col Napoli prima di iniziare la resurrezione dallo 0-0 a Genova. Una situazione stordente, ma dalla quale Vanoli che ha sentito il bruciore dell’esonero senza mai rischiarlo e i giocatori sono usciti. Anche grazie ai rinforzi di gennaio, e che hanno dato una rotondità al progetto tattico scelto dal secondo tempo di Udine (la prova della riscossa, da 2-0 a 2-2 con il varo del 4-2-3-1).
Vento in poppa
E così alla fine, uscendo dai condizionali, resta in equilibrio un Toro che di equilibrio in stagione ne ha avuto ben poco. È piaciuto e sta piacendo perché col vento in poppa è salito al vertice (primo alla quinta giornata), poi senza il bomber s’è smarrito, ma ancora ha avuto tempra per ripartire. Lo 0-0 di Genova, si diceva, e poi la vittoria di Empoli che per quando è arrivata (i granata erano reduci da un successo in undici partite, Coppa Italia compresa), è indubbiamente stata una tra le più importanti della stagione. Non a caso un successo celebrato da uno tra i gol più belli dell’intero campionato, quel volo del pallone di quasi 50 metri infilato in porta da Adams. E dire che in quel momento - era la sedicesima giornata - il favore era tutto dell’Empoli. Ora terzultimo dove il Torino si sarebbe potuto trovare, visto come s’era messa.
E invece adesso c’è una squadra che non può più guardare all’Europa, ma rispettata e quindi sostenuta da una tifoseria che ha voglia di vederla in campo. Perché quasi sempre determinata, e ora anche tecnicamente più stimolante a vedersi.
Il mercato
La grande partita si giocherà in estate, sul mercato. «Un primo confronto c’è stato, ma per adesso la concentrazione massima è ancora al campionato», diceva di recente Vanoli. Il quale ha esordito con il suo Toro nel ritorno affrontando il Derby: 1-1, poi seguito dal medesimo risultato a Firenze. In seguito ai due pareggi sono arrivate le vittorie contro Cagliari, Milan, Monza ed Empoli, i pareggi con Atalanta, Genoa e Parma, e l’unica sconfitta col Bologna. Che è anche la sola squadra ad aver vinto contro i granata nelle ultime tredici sfide. Numeri da Europa, ma solo guardando al ritorno: va fatto coincidere con l’andata, e poi andare in campo internazionale sarà una conseguenza.